Chiang Mai è la prima città che ho visitato in Thailandia. Il che equivale a dire che è stata la mia prima impressione visiva, cognitiva ed emotiva della Thailandia. Probabilmente il modo migliore per approcciare questo meraviglioso paese. Milioni di turisti, infatti, arrivano a Bangkok e pensano che la Thailandia sia simile, per quanto possibile, alla sua capitale: grattacieli, vie eleganti, servizi di ogni tipo, trasporti efficienti… Non è così, ovviamente, anche se, negli ultimi anni, l’omologazione tra centro e periferia è cresciuta enormemente. Iniziare un viaggio in Thailandia dalle sue zone più marginali, senza dover sottostare ai filtri culturali imposti per forza di cose da Bangkok, secondo me rimane l’opzione migliore.
Questo però è una motivazione diciamo così “ex-post”, elaborata in seguito, a viaggio finito. Nel 2005, anno in cui, in modo alquanto improvvisato, io e mia moglie decidemmo di fare il nostro primo viaggio in estremo Oriente, le ragioni di visitare Chiang Mai prima di ogni altra parte della Thailandia erano ben altre. Quell’anno, non ricordo perché, ci trovammo a dover organizzare un itinerario disponendo di pochi giorni di ferie. Inoltre non eravamo mai andati più in là di Agra (India) e l’idea di affrontare una vacanza così lontano, senza disporre di tutti i giorni necessari a renderla soddisfacente, ci agitava un poco. Che avremmo potuto fare in Thailandia in soli 10 giorni? Non sarebbe stato meglio ripiegare su una meta più vicina e meno complicata e rimandare ad un’altra migliore occasione?
Naturalmente non ripiegammo affatto. Quando una idea ti entra in testa, per quanto complessa e inattuabile possa sembrare, non c’è verso di metterla da parte a cuor leggero. E’ questo il momento di far lavorare le meningi per verificare se, in un modo o nell’altro, un viaggio in Thailandia possa rientrare in 10 giorni scarsi di vacanza. E ci siamo riusciti. Certo, sacrificando molte destinazioni e attrazioni che – stando alla guida – sembravano imprescindibili. Ma forse già da allora, al momento di organizzare questa avventura, sapevamo, in cuor nostro, che in Thailandia ci saremmo certamente tornati. Come è puntualmente avvenuto.
Il nostro itinerario di quell’anno, quindi, prevedeva un volo Thai diretto per Bangkok; una lunga sosta in aeroporto in attesa di imbarcarci per un volo locale per Chiang Mai; quattro giorni nella cittadina del nord; ritorno a Bangkok per gli ultimi 4 giorni disponibili. Tutto qui. Una toccata e fuga, in buona sostanza. Ma anche un buon approccio con questo paese in cui, in seguito, saremmo ritornati altre 4 volte.
Chiang Mai, fin dai primi passi, mi è sembrata una specie di città dei balocchi. Un luogo allegro, vivace, ricco di attrazioni, rilassante e coivolgente allo stesso tempo. Una città sempre in agitazione, dalla mattina alla sera; compresa la notte, forse il momento migliore per viverla davvero. Sembrava che la vita stessa scorresse gioiosa lungo le sue vie affollate o nei suoi bazaar notturni. Ogni angolo pareva nascondere svariate occasioni di svago: qui una bancarella che vendeva dolci deliziosi; laggiù un bar affolato di turisti di ogni parte del mondo; in quella piazza un elefante che transitava placidamente; in quell’angolo il frastuono assordante delle buccine che introducono un incontro di muai thai; e ovunque odori inebrianti di cibo da strada, una sensazione che mi è rimasta impressa nella memoria in modo indelebile. Insomma, ogni cosa era nuova e straordinaria. Mai prima di allora avevo provato sensazioni così forti e piacevoli al tempo stesso!
Un posto del genere, per di più visitato come prima località asiatica in assoluto, non poteva che rapirci e affascinarci indelebilmente. Potrei affermare, senza ombra di dubbio, che Chiang Mai è il luogo che ci ha iniettato dentro le mie vene il “mal d’Asia”. Una malattia che mi induce, mi obbliga a pensare all’estremo Oriente tutte le sante volte che inizio a programmare il mio prossimo viaggio. E’ una droga, lo so, ma non posso farci niente. E penso che molti altri, come me, siano affetti da questo dipendenza…