Arrivo a Pechino con qualche apprensione

L’arrivo a Pechino, dopo 5 anni dall’ultima volta, ci poneva davanti a una serie di dubbi e incertezze. Come sarebbe stato il passaggio alla dogana? Nel 2010 i controlli furono estenuanti, direi pure eccessivi, con una interminabile fila al controllo passaporti che ci fece perdere tempo e pazienza. Come avremmo gestito questo momento con al seguito una signora anziana, che non conosceva altra lingua che l’italiano e sicuramente non sembrava in grado di stare in piedi così a lungo?

Dato che la fila iniziava fin dentro l’aereo, la prima scelta è stata quella di restare seduti e aspettare pazientemente che il corridoio si sgombrasse. Il che è avvenuto in un lasso di tempo che mi è parso interminabile. Infine, ci siamo messi in marcia verso l’uscita dell’abitacolo. Nel tunnel che collegava l’aereo all’entrata fisica dell’aeroporto un altro ingorgo di gente ci ha costretti a una ennesima sosta, e questa volta al freddo gelido di Pechino. Mi ricordo che davanti a noi avevamo un gruppo di lottatori mongoli, arrivati anch’essi da Mosca, probabilmente in transito per tornare a casa. Erano tutti uguali, bassi e tarchiati, testa rasata, e tutti vestiti semplicemente della loro tuta rossa leggera… Gente delle steppe, ho pensato, abituata al freddo…

Una volta dentro, dopo qualche centinaio di metri (fortunatamente superato grazie ai tappeti rotanti), siamo arrivati alla zona del controllo passaporti. Rispetto al 2010 c’erano meno postazioni di polizia ma, chissà perché, semprava che la fila procedesse più fluidamente. In realtà la gran massa di gente era costituita da cinesi, e per loro esisteva un’area apposita, molto più ampia, collocata proprio di fianco alla nostra. I controlli, ad ogni modo, erano simili ai nostri, con l’unica differenza che i cinesi mostravano la loro carta d’identità e noi il passaporto.

La nostra fila non era particolarmente fluida, devo dire, ma si procedeva abbastanza bene. Nei primi 10 minuti ho cercato di tenere sotto controllo le due donne che viaggiavano con me, per evitare che una esitazione, un momento di distrazione, potessero dividerci. Mi ero chiesto per tutto il viaggio come avrei gestito, una volta toccato a noi, il passaggio a tre alla dogana. Io e mia moglie qualche parola di inglese la mastichiamo, ma la signora Anna? Come avrebbe fatto se le fosse stato chiesto qualche chiarimento? Niente paura, il mio piano era pressoché perfetto: avrei mandato avanti prima mia moglie, poi la signora Anna, e infine sarei transitato io. In questo modo, semmai fosse intervenuta qualche incomprensione, sarei intervenuto tempestivamente per aiutarla. Era davvero un ottimo piano, non c’è che dire;  peccato che a un certo punto non ho più visto la mamma di Guido!

Un brivido freddo mi ha attraversato la schiena. Ma non era vicina a noi? No, mi dice Paola, si è andata a sedere da qualche parte. Per niente persuaso, ho cominciato a roteare lo sguardo attorno per capire se per caso non fosse rimasta indietro. Ma niente, nessuna traccia dietro di noi. Nessuno neppure in fondo, dove si intravedeva una fila di sedili accostati al muro, tutti vuoti. Dove si era andata a cacciare?

L’angoscia cresceva all’avvicinarsi della postazione di polizia; incapace di prendere una decisione qualsiasi, imprigionato dal flusso della fila che procedeva inesorabilmente verso la dogana, sentivo crescere dentro di me lo smarrimento. All’ultimo momento, proprio quando stava per toccare a noi, ho pensato perfino di ritornare indietro, lasciare Paola in fila e iniziare a cercare in tutti gli anfratti dell’aeroporto, toilettes delle donne comprese. Ma ecco che proprio all’ultimo momento è avvenuto il miracolo. Prima confusamente, poi sempre più distintamente, ho visto al di là del check point una figura familiare, comodamente seduta su una sedia che qualcuno – evidentemente delle autorità cinesi – le aveva concesso. Era la signora Anna in carne e ossa! Sana e salva e, sopratutto, già in Cina!

Cosa era successo? Non in grado di resistere in piedi così a lungo, la signora aveva preso l’unica decisione sensata: saltare la fila. Si era insinuata tra la gente con una faccia tosta magnifica e nessuno, dico nessuno, aveva provato a fermarla o a muovere una protesta. Era scivolata tra i presenti come una anguilla, leggera e impalpabile, quasi incorporea! Come abbia fatto poi a compiere tutte le formalità del passaggio doganale, questo è un mistero. Il fatto che ci è riuscita perfettamente, senza alcuna esitazione e senza trovare il benché minimo ostacolo, dimostra che tutto è possibile. Brava Anna!

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