Come gestire il peso della storia: il ritratto di Mao in piazza Tienanmen

Il primo e unico inciampo con la storia recente della Cina si ha in piazza Tienanmen. Il palcoscenico indiscusso di alterne vicende, alcune positive, altre orribili, che hanno caratterizzato la storia dell’ideologia comunista in questo paese. La stessa struttura di questa piazza, così vasta, piatta, circondata solo da edifici appena visibili, mette a disagio. Le uniche costruzioni infatti sono enormi casermoni dalla struttura realista, bassi e imponenti, con grandi colonnati e sconfinate scalinate. Piazza Tienanmen è talmente grande che è persino difficile da fotografare in modo soddisfacente.

In questa piazza peraltro è possibile notare due elementi che nel resto della Cina, almeno in quella che i turisti visitano regolarmente, sono impossibili da trovare. La prima è la bandiera con la falce e martello. Nel 2010, quando sono arrivato per la prima volta in piazza, ne ho vista solo una, issata su un pennone non troppo appariscente all’ingresso della sede del Partito Comunista cinese. Oggi pare che anche questa ultima vestige sia sparita del tutto, sostituita, come altrove, dalle bandiere rosse con le 5 stelle dello Stato cinese.

L’altro elemento che un visitatore occidentale – specie se di una certà età – si aspetta di vedere dappertutto è il ritratto di Mao. I mercatini di souvenir ne sono pieni; in giro, invece, non se ne trova uno neppure a pagarlo a peso d’oro. Che è successo, dunque? Perché il “Grande timoniere”, il leader massimo di una rivoluzione che ha cambiato radicalmente le sorti di questa nazione, il padre della patria insomma, non è più rappresentato in effige o in foto come avviene, per esempio, per altri segretari generali del partito comunista? Qual è il peso di Mao nella storia della Cina?

La risposta si può avere, indirettamente, solo quando si ci trova davanti al grande ritratto di Mao in piazza Tienanmen. Questa enorme gigantografia ritrae il dittatore negli anni 70, quando ancora era venerato e riverito come un dio in terra. Si tratta quindi di una scelta ponderata, concepita apposta per dare un messaggio: l’unico Mao che vale la pena ricordare è quello che governò una certa fase della storia cinese, che non è nè la prima, convulsa, post-rivoluzionaria, nè l’ultima, contraddittoria, condizionata da conflitti interni, tradimenti, errori madornali di strategia.

Guardando quell’unico ritratto di Mao ho capito insomma che la Cina è cambiata davvero. Che guarda avanti, senza rimpianti, lasciandosi dietro anche la persona senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile. Quella enorme e un po’ stantia immagine è la prima e – a quanto ho saputo dopo – l’unica concessione che la Cina moderna, ipertecnologica e capitalista, riserva al proprio passato. E che rappresenta adesso un peso della storia, come un boccone che al momento ti sfama ma poi risulta un po’ difficile da digerire.

I cinesi della rivoluzione capitalista hanno relegato Mao, l’artefice della rivoluzione comunista, in una ideale e inoffensiva bacheca storica. Piazza Tienanmen è il simbolo della Cina moderna e il ritratto si trova proprio sul muro che la separa dalla Città Proibita, ovvero la Cina imperiale. Passato e presente, quindi, nel nome di Mao. Forse è questo il ruolo (residuale) che i cinesi hanno destinato al Grande timoniere. Quello di fare da congiunzione tra le due fasi della millenaria storia cinese. Un altro modo, più sottile e intelligente, per rendere un uomo immortale, sperando di dimenticare, una volte per tutte, gli errori e le nefandezze compiute nel suo nome.

 

Lascia un commento