Quando la chioma conta: i capelli lunghi delle donne Yao

Passeggiando per gli intricati viottoli dei villaggi del Longshen, nel Guangxi, non è raro imbattersi in donne vestite in abiti tradizionali. Non è un espediente per rimediare qualche spicciolo con i turisti; si tratta dell’abbigliamento ordinario, di uso comune, delle donne di etnia Yao. Tuttavia, non sono le tuniche lunghe ricamate e le gonne plissettate a caratterizzare queste donne, ma un’altro aspetto ancora più originale: la lunghezza spropositata dei loro capelli.

Si tratta di una abitudine piuttosto diffusa tra queste colline. Nella cultura Yao, i capelli lunghi sono considerati un simbolo di bellezza, buona fortuna e longevità. Le donne Yao credono che avere i capelli lunghi porti salute, prosperità e una vita lunga. Le ragazze iniziano a far crescere i loro capelli all’età di 18 anni. Prima di questo momento, i loro capelli vengono tagliati solo una volta, a circa 16-18 anni, in una cerimonia di maggior età – comune del resto ad altri popoli asiatici (vedi articolo sul commercio di capelli in Myanmar). Dopo questo primo taglio, i capelli non vengono più toccati per tutta la vita.

I capelli delle donne Yao possono raggiungere e a volte superare il metro e ottanta di lunghezza! Sono così lunghi (e ingombranti) da porre serie difficoltà quando devono essere lavati o pettinati. Attività a cui dedicano nondimeno parecchie ore al giorno, a quanto pare, pur di mantenere pulita, folta, morbida e brillante la propria chioma. Utilizzano infatti un lavaggio speciale per ottenere capelli forti, lucidi e neri, anche in età avanzata, ovvero una miscela a base di riso fermentato. La pettinatura, inoltre, avviene a “blocchi” di capelli, procedendo dalle zone più distanti rispetto alla testa e procedendo via via verso la base dei capelli.

I capelli lunghi delle donne Yao svolgono anche un’altra funzione prettamente culturale. Vengono acconciati in elaborate pettinature per indicare lo stato civile e la fase della vita della donna. Ecco in sintesi le principali acconciature in uso, del resto facilmente individuabili all’interno dei villaggi:

  • Capelli avvolti attorno alla testa: indica che la donna è sposata ma non ha figli.
  • Capelli raccolti in uno chignon (o in un asciugamano): indica che la donna è sposata e ha figli.
  • Capelli sciolti: indica che la donna è alla ricerca di un partner, ma questo stile è meno comune oggi, dato che trascinarsi dietro una chioma di più di un metro e mezzo non è certo agevole.

Questa originale tradizione, inevitabilmente, ha attirato torme di visitatori nei villaggi del Longshen. Tutti desiderosi di ammirare le chiome lucide e fluenti delle donne Yao. Che alla fine hanno compreso il risvolto più ovvio (e positivo) per loro di tale interesse: spillare denaro ai turisti. Durante la nostra visita al villaggio Ping’an, che ho descritto qui, ci siamo imbattuti, alla fine di un percorso che conduceva ad una grande piazza aperta, in un gruppo di donne assolutamente determinate a sfruttare ogni nostro minimo tentennamento.

Non dico che si è trattato di un agguato, ma ne aveva tutta l’apparenza. Un gruppo di donne, infatti, che poco prima sembravano dedicarsi ai propri affari senza dedicarci la minima attenzione, all’improvviso, come sollecitate da un comando perentorio, ci hanno accerchiato e soverchiato. Alcune di loro hanno iniziato a sciogliere i capelli e a mostrarceli come se volessero venderli. Altre, più spregiudicate, prendevano delle ciocche e le piazzavano sulle nostre teste, invitandoci a fare qualcosa che, sulle prime, non capivamo.

Poi abbiamo compreso: volevano che scattassimo delle foto mentre ci coprivamo i nostri capelli con i loro, in una posa evidentemente studiata per divertire i turisti e indurli a pagare per ogni scatto. E non c’era molto da obiettare: una energica donnina, che sembrava la coordinatrice di ogni fase delle operazioni, correva subito da chi impugnava una macchina fotografica o una videocamera e con gesti imperiosi e qualche pizzico (sul sedere!), invitava a sganciare qualche Yuan. Io stesso ho dovuto provare le dolorose attenzioni di questa donna, che nella foto sopra, sfocata, è quella alla destra dell’inquadratura con in mano una agenda in cui custodiva i soldi.

L’efficientissima donna manager, a quanto pare, mi aveva individuato come unico responsabile del gruppo, ed era a me che si era avvinghiata, seguendomi dappertutto, per ottenere quanto riteneva le spettasse. E se non ero abbastanza svelto nell’eseguire i suoi ordini, ecco che partiva un altro pizzico, rapido e straordinariamente ben indirizzato, che mi costringeva a tirare fuori del denaro di cui lei, in base ad insindacabili valutazioni personali, decideva l’ammontare. Quel giorno in Cina penso di aver scucito molte bancanote da 1 e 5 Yuan. E di non aver mai avuto così tanto desiderio di abbandonare un luogo, altrimenti meraviglioso, il più presto possibile…

 

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