Il Bako National Park si distingue, fra tutte le altre riserve malesi, per essere un luogo alla portata di tutti. Non ci sono percorsi particolarmente ardui da affrontare, nè requisiti fisici da rispettare… a condizione però di informarsi prima. La direzione generale del parco invita – o per meglio dire, bisognerebbe dire obbliga – i visitatori a consultare un deplian con la mappa di tutti i sentieri percorribili. Ogni trial è perfettamente descritto in tutte le sue peculiarità e caratteristiche, compreso il chilometraggio, mai troppo elevato; accanto a ciascuno è mostrato un indicatore di difficoltà generico, tanto per non lasciare dubbi in proposito. Nessuno, comunque, prevede di dover imbarcarsi in una impresa alla Tomb Raider.

Il trial più suggestivo, a mio modo di vedere, è quello che conduce nei pressi di un’ampia baia, in riva al mare, in cui è possibile camminare su passarelle che attraversano una lussureggiante foresta di mangrovie. Qui, ad ogni svolta, si aprono panorami incantevoli, dove il mare e la terra, in continua competizione, si appropriano a turno delle rive fangose. Le mangrovie, che verso l’entroterra hanno l’aspetto di alberi dalle dimensioni raguardevoli, man mano che si procede verso il mare diventano sempre più piccole, rade ed esili. In certi punti sono ridotte a semplici spuntoni che bucano la sabbia, alcune provvisti di rametti e foglie, altre all’apparenza morte. Sono le nuove generazioni di una pianta eccezionale in grado di sopravvivere in un ambiente ibrido altrimenti fatale per qualsiasi altra specie vegetale.

Le passarelle in legno, che poggiano su pali non più alti di un metro e mezzo, consentono di spingersi all’interno della foresta senza pericolo di doversi impantanare nel fango. In realtà questi camminamenti hanno uno scopo ben più importante: quello di impedire agli umani, specie notoriamente distruttrice, di danneggiare il delicato ecosistema sottostante. Dalle passarelle, infatti, è proibito categoricamente scendere, anche solo per immergere i piedi in acqua. Ma non serve. La foresta di mangrovie del Bako National Park è perfettamente visitabile, in ogni suo anfratto, proprio da questi camminamenti, a volte un po’ instabili e traballanti. Garantisco che da lassù la vista è sempre la migliore possibile. Inoltre, ogni tanto le passarelle raggiungono dei solidi gazebo ottogonali, provvisti di tettoia e panchine, in cui si può sostare, riposare e spesso godere di viste mozzafiato.

Ciò che rende questa area così unica e magica è la presenza di numerosi branchi di scimmie Nasica. Quelle i cui maschi presentano un naso esageratamente grosso, tanto per intenderci. Le Nasica sono una specie a rischio, presente solo qui in Borneo e in poche altre zone dell’Indonesia. Vederle saltare da un esile ramo all’altro, in questo ambiente così suggestivo e naturale, è una emozione che vale da sola il costo del biglietto e i 40 minuti abbondanti per arrivare a destinazione.
Alcuni viaggiatori hanno dichiarato di non essere riusciti a vederne neppure una, nel corso della loro escursione. Cosa che li ha indotti a pensare che le Nasica non fossero per niente presenti all’interno del parco. O perfino estinte! Io posso garantire che, al contrario, le scimmie ci sono, si vedono e spesso è possibile ammirarle anche a pochi metri di distanza. Il primo sengnale a cui dare ascolto è il fruscio delle fronde più elevate. E’ quella la prova dell’esistenza di qualche essere (pesante) che le sta utilizzando per muoversi o semplicemente accovacciarsi. Nove volte su dieci si tratterà sicuramente di una scimmia Nasica. Inoltre, la loro livrea rossiccia le rende perfettamente individuabili all’interno del manto verde che le circonda. Una volta identificate, non resta altro che godersi il vasto campionario di evoluzioni, dondolamenti, salti, acrobazie varie di cui sono capaci.

Le Nasica di norma preferiscono restare sulle chiome più alte degli alberi, in pieno controllo dell’ambiente sottostante, lontano dai pericoli della terraferma. Eppure non è raro vederne qualcuna passeggiare sulla sabbia. Tale comportamento è determinato dall’esigenza di nutrirsi con i frutti portati a riva dalla marea. Frutti che, caduti altrove, solo quaggiù è possibile assaggiare. In questa ricerca le Nasica vengono affiancate da altre specie di scimmie, anch’esse numerose al Bako. Come i macachi dalla coda lunga, onnipresenti sia nel parco come nelle cittadine circostanti; o i langur argentati, più timidi e più rari, che ogni tanto fanno capolino tra le fronde con i loro sguardi un po’ stranulati (e forse per questo li hanno chiamati “presbiti”?…).

I macachi, che peraltro hanno ormai colonizzato la zona ristoranti del parco, sono in assoluto gli animali che è più frequente incrociare durante la passeggiata. Sono gli unici, peraltro, che hanno il coraggio di salire sulle passarelle per verificare se gli umani sono provvisti o meno di cibo. Non è raro, infatti, vederne qualcuno appollaiato su un palo o sulla balaustra di qualche gazebo solitario. Rispetto ai loro cugini di città, questi macachi sono tendenzialmente meno sfrontati, per cui il rischio di incorrere in qualche conflitto è piuttosto scarso. Di regola, sono loro a lasciare per primi il passo.

Ma i veri dominatori della spiaggia sono altri, ben più piccoli e infinitamente meno celebri. Sono i perioftalmi, quei curiosi pesciolini che sembrano una versione a metà tra un pesce e un anfibio, visto che vivono costantemente fuori dall’acqua. La loro principale occupazione è quella di riempirsi la bocca di sabbia e fango (e per questo vengono chiamati “mangiafango”), cosa che li rende anche piuttosto aggressivi l’uno con l’altro, specie quando i luoghi di “pascolo” si avvicinano pericolosamente. Quando due individui vengono in contatto, ecco che iniziano a contorcersi, a saltare, a rizzare le pinne dorsali, ad aprire la bocca in modo minaccioso. La rissa dura pochi secondi, il tempo di verificare le reciproche posizioni gerarchiche, e poi tutti tornano alle loro pacifiche faccende.
I perioftalmi occupano insieme ai granchi la zona di confine tra mare e terra. Invito caldamente a osservare il modo in cui si muovono sulla spiaggia. Questi simpatici animaletti, infatti, si spostano in maniera sincrona in relazione all’andamento delle onde: avanzano verso il mare quando esse si ritraggono, tornano precipitosamente indietro quando la marea avanza. E questo per tutto il giorno. Avanti e indietro, continuamente. Malgrado sembrano rifuggire l’acqua, in realtà sono pesci a tutti gli effetti. Riescono a sopravvivere fuori dall’acqua perché, oltre che a ingoiare fango, immagazzinano acqua all’interno delle branchie. Una delle meraviglie dell’evoluzione che non smette mai di stupire…