In Asia solo un animale contende con un certo successo l’habitat dell’uomo. E’ il macaco, probabilmente la scimmia più diffusa al mondo. Nelle sue varie sottospecie, il macaco è presente dal deserto arabico fino al Giappone. Ci sono quelli a coda corta, a coda lunga, senza coda, con la barba, con il ciuffo, grigi, gialli, pelosi… Esclusa qualche razza, più timida e riservata, quasi tutte le altre sembrano apprezzare molto la vicinanza con la specie umana. Tanto che in moltissimi luoghi i macachi sono l’equivalente del piccione delle nostre città.
Animali felicemente opportunisti, riescono ad appropriarsi senza timori reverenziali di piazze, mercati, templi, abitazioni, uffici pubblici. Invadono i nostri ambienti, anche i più intimi, con il loro numero e la loro sfacciata intraprendenza; si dispiegano sul territorio con una strategia che ricorda, molto da vicino, quella delle bande di delinquenti organizzate. E non c’è verso di cacciarli. L’unica cosa che sembra far loro più paura di altre, sono le automobili. Dove il traffico è sostenuto, infatti, i macachi girano alla larga. Preferiscono restare al sicuro nei parchi o nei pressi dei mercati, dove sono in grado di continuare a svolgere, senza quasi alcuna opposizione, la loro abituale attività di ladruncoli e teppistelli di periferia.
Questo lungo preambolo sui macachi serve unicamente a introdurre il racconto della nostra visita alla Monkey Forest di Ubud, uno dei giardini più affascinanti che abbia mai visto in Asia. E una delle mete da non perdere quando si va a Bali.
La Foresta delle scimmie, un luogo religioso e naturalistico
La Sacra Foresta delle Scimmie di Ubud non è esattamente ciò che credono i turisti, cioè un mero parco divertimenti costruito apposta per loro. E’ al contrario un luogo in cui religione e natura si fondono in un tutto unico per rispondere ad uno dei principi filosofici cardine dell’induismo balinese, il Tri Hita Karana; ovvero, i “Tre modi per raggiungere il benessere spirituale e fisico “. Lo scopo di questa dottrina è come far sì che le persone raggiungano e – possibilmente – mantengano una relazione armoniosa in questa vita; tra di loro, con l’ambiente e con il Dio supremo. Che sia un luogo principalmente religioso, d’altronde, lo testimonia la presenza di tre templi risalenti al XIV secolo, luoghi di culto frequentatissimi ancora oggi in cui non è raro imbattersi in cerimonie o altre manifestaizoni simili.
Inoltre, è innegabile che il parco sia davvero interessante dal punto di vista naturalistico. Si tratta infatti di un polmone verde di foresta primigenia in mezzo al caos e al traffico soffocante di Ubud. Le specie vegetali presenti sono almeno 115, molte di esse considerate sacre dalla religione balinese, altre tenute sotto controllo dai botanici locali per le loro virtù terapeutiche. I paesaggi e le vedute panoramiche al suo interno non si contano. Non c’è un’area che non affascini per le disposizione degli elementi naturali e umani. E ci sono scorci, come quello che ho immortalato sopra, che sembrano tratti da un libro di avventure; la zona del fiume, in particolare, è uno dei luoghi più suggestivi di tutto il parco; il percorso si snoda in fondo al canyon e si intrufola tra il verde caotico della foresta pluviale, la stessa che un tempo ricopriva tutta l’isola.
Come comportarsi con le scimmie
Ma le star del parco sono le scimmie, è innegabile. Se ne contano almeno 700, stando agli ultimi censimenti, divise in 4 o 5 clan principali. Questi clan si contendono il territorio risicato del parco senza particolari frizioni, salvo affrontare ogni tanto qualche conflitto di confine. Non è raro, infatti, udire un improvviso stridire proveniente dagli alberi o dalle rocce, e osservare qualche breve inseguimento o delle risse piuttosto innocue. Quando ciò accade è consigliabile tenersene alla larga, perché i macachi, specie i maschi, sono capaci di aggredire chiunque si frapponga alla loro furia.
La visita deve essere compiuta, quindi, rispettando i suoi abitanti e, possibilmente, prevedendone in anticipo le mosse. Ecco qualche consiglio in proposito.
- Entrare nel parco evitando di portare del cibo. Evitare di acquistare biscotti e banane dai venditori all’interno del sito. Ciò indurrà le scimmie ad aspettarsi del cibo e le renderà sempre più aggressive.
- Non lasciare incustoditi occhiali e macchine fotografiche. L’indole ladruncola dei primati si evidenzia in questo particolare tipo di furto. Alcune scimmie sono in grado di rubarti gli occhiali perfino dal naso. Per chi viene derubato, peraltro, non c’è speranza di ottenere il maltolto. Lo vedrà sparire nella foresta e un giorno gli addetti lo ritroveranno ai piedi di un albero, fracassato, inservibile.
- Camminare con prudenza in mezzo ai macachi. Le scimmie non sembrano provare alcuna soggezione nei confronti dei loro più prestanti cugini primati. D’altronde è il loro territorio, sono loro che lo abitano, guai a mollare un solo centimetro a qualsiasi invasore, che abbia la coda o meno. E’ quindi frequente dover condividere viali, ponticelli, panchine, balaustre con loro, senza speranza che si discostino o ti lascino passare. In tal caso consiglio di muoversi con naturalezza, lentamente, cercando se è possibile di non fissare negli occhi la scimmia che ti ostacola il passo. Se qualcosa va storto, ecco i segnali a cui occorre prestare attenzione: la scimmia spalanca la bocca, mette in evidenza i lunghi canini, inarca all’indietro le sopracciglia. Sono tutti avvertimenti che non precludono a una aggressione, beninteso, ma che bisogna sapere interpretare. In questo caso, evitiamo di proseguire, fermiamoci e iniziamo a guardarci intorno come se la scimmia non esistesse. Potete stare certi che in pochi secondi il macaco perderà interesse su di voi e vi lascerà il passo.
- Non andare nel panico se una scimmia vi assale. Ovviamente non sto considerando l’eventualità di una aggressione vera e propria. Parlo dei casi, frequenti, in cui le scimmie vi saltano addosso perché incuriosite da qualcosa o perché vi considerano un luogo comodo ove appollaiarsi. Ciò avviene spesso, ripeto, ma è dalla nostra reazione che dipende il proseguo della vicenda. Se reagiamo male, strepitando e agitandoci come se ci avesse punto la tarantola, la scimmia potrebbe spaventarsi e mordere. Quindi consiglio di rimanere calmi e aspettare i comodi dell’intruso. Come testimonia la foto accanto, anche mia moglie ha provato tali attenzioni. Il piccolo, in effetti, era stato attratto dalla zip dello zaino, denotando quindi una certa familiarità con certi manufatti umani. Paola sulle prime si è spaventata, ma ha mantenuto la calma e ha continuato a camminare. Strategia che ha dato i suoi frutti: il cucciolo si è accorto presto che si stava allontanando dal suo clan ed è quindi sceso precipitosamente.
- Stare lontane dalle scimmie quando mangiano. Un altro momento critico nella vita dei macachi è il feeeding time, ovvero quando l’uomo, a vario titolo, li nutre. In tali circostanze possono verificarsi episodi spiacevoli, al limite della violenza, tra i macachi di un clan o tra clan rivali. Sono istanti di puro nervosismo che possono coinvolgere anche gli umani, specie se stanno troppo vicini all’area destinata all’operazione. Per capire cosa succede, bisogna comprendere qual è la vita sociale dei macachi. La gerarchia determina tutti i comportamenti e le relazioni tra individui. In questa società ogni azione, ogni comportamento, ogni atteggiamento ha un solo scopo: sopravvanzare l’individuo che precede e conquistare una posizione che permetta di sfuttare al meglio le condizioni che la natura offre… oltre ovviamente a tutti i benefici sessuali di cui non è il caso neppure di parlare. In un ambiente ristretto, disfunzionale, vagamente claustrofobico come quello di un parco, le occasioni di confronto si moltiplicano e si accentuano. Il momento del pasto collettivo, determinato rigidamente dall’uomo, crea ogni giorno il pretesto ideale per confrontarsi, affrontarsi, mettere in discussione le gerarchie del giorno prima. Per questo è consigliabile, a parer mio, stare lontani dal luogo in cui viene distribuito il cibo. Una volta aperte le gabbie che contengono banane (molto apprezzate) e patate dolci (meno apprezzate, se non addirittura snobbate), ecco che si scatena il finimondo. Decine di scimmie, di tutte le dimensioni, iniziano a correre, inseguirsi, compiere agguati, aggredirsi tra di loro, il tutto per acquisire una posizione privilegiata rispetto all’umano che distribuisce il cibo. Gli individui più grossi, i maschi e le femmine anziane, riescono facilmente ad afferrare i bocconi migliori o, in alternativa, a rubarli a quelli più deboli. Per tutti gli altri è una lotta all’ultimo sangue. Il caos cresce di minuto in minuto tanto che succede anche l’imprevedibile: alcuni cuccioli, gli ultimi nella scala sociale, terrorizzati dalle continue zuffe che avvengono un po’ dappertutto, non esitano a ricorrere alla presenza dei turisti pur di trovare protezione. Come è avvenuto a me, e la scimmietta appollaiata sul mio piede lo testimonia pienamente.