Cronaca della morte di un povero scorpione nero birmano

Racconto brevemente del nostro incontro ravvicinato con uno scorpione a Bagan. Lo faccio perché è il pretesto ideale, a mio modo di vedere, per offrire qualche dritta sull’argomento generale “insetti”, capitolo “intrusi indesiderati”, paragrafo “cosa fare per…”. So per esperienza diretta che non c’è nulla di più insopportabile, disgustoso, repellente e fastidioso dell’eventualità di dover affrontare un essere a 6-8 zampe che si è introdotto nella tua camera d’albergo e non ha alcuna intenzione di lasciare il campo. Una eventualità che accade piuttosto di frequente in Asia, specie a certe latidudini e temperature.

Dopo un lauto pasto in un ristorante deserto di Bagan, io e mia moglie Paola torniamo esausti in albergo desiderosi unicamente di toglierci i sandali e buttarci a peso morto sul confortevole letto. Il nostro bungalow – tra l’altro molto elegante – è immerso in un lussureggiante giardino tropicale, con le piante che lo circondano e lo avviluppano da tutti i lati. Aperta la porta e accesa la luce, ecco la sorpresa: uno scorpione nero di circa 8 centrimetri ci schizza trai i piedi facendoci sobbalzare. Evidentemente è entrato durante le pulizie della mattina per ripararsi da uno dei frequenti temporali di giornata.

Paola effettua un salto all’indietro degno del miglior ginnasta sovietico; io rimango impietrito, bloccato, consapevole di essermi appena tolto i sandali, e quindi di offrire all’intruso un ottimo bersaglio per il suo pungiglione. L’aracnide d’altronde si è appena piantato minacciosamente davanti a noi, rizza le chele e agita la coda, esprimendo inequivocabilmente l’intenzione di combattere.

Morte di uno scorpione gigante asiatico

Io non so letteralmente che fare. La bestiolina è piuttosto minacciosa, non sembra aver compreso che è di troppo, che dovrebbe lasciare la nostra camera e tornare fuori. Mi arrovello il cervello per studiare una soluzione indolore, per lui ma sopratutto per me, che possa risolvere la faccenda, ma invano. Tentare di spostarlo verso l’uscita con le buone non dà alcun frutto: qualsiasi mossa faccia, non c’è verso di spaventare lo scorpione, continua a restare in atteggiamento di difesa e ad agitare il periocoloso pungiglione. A malincuore, decido di eliminarlo.

Nell’unico suo momento di distrazione, quando finalmente riesco a raggirarlo, gli sferro una prima pestata con il mio robusto sandalo Columbia. E’ sufficientemente violenta da schiacciare qualsiasi insetto sulla faccia della terra e oltre; a questo scorpione nero, invece, non fa un baffo. Approfittando del suo disorientamente, ripeto l’operazione una, due, tre volte e finalmente riesco a ridurre il povero animaletto all’impotenza. Con l’aiuto del cartello “Do not disturb” spingo fuori il quasi cadavere e poi gli ammollo una pedata finale che lo fa volare a parecchi metri di distanza. Chiudo la porta risollevato ma anche un po’ malinconico, perché avrei volentieri fatto a meno di ucciderlo. Ma ripensandoci, non avevo alternativa. Anche nel caso fossi riuscito a indurlo ad uscire, avrei lasciato uno scorpione velenoso in giro per il resort; pensando che gli addetti alle pulizie giravano abitualmente a piedi nudi, mi sono convinto definitivamente di aver fatto bene.

 

 

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