Un itinerario del Giappone che si rispetti deve comprendere almeno una mezza giornata a Nara. Non solo e non tanto perché si tratta del luogo forse più rappresentativo della cultura nipponica – e questo è l’alibi intellettuale che ci serve per andarci; ma anche per un motivo più prosaico, meno serioso se vogliamo, ma sicuramente altrettanto appagante: la presenza di un branco autoctono di cervi che vivono nel parco assolutamente integrati con panorama, templi, ristoranti e turisti.
Secondo me è il vero motivo per cui Nara è così gettonata. Soprattutto dai turisti occidentali. Più o meno tutti, prima di recarsi in questa località, ci fanno almeno un pensierino… Da noi, tutto sommato, non è così consueto imbattersi in animali selvatici che vengono a mangiare dalle tue mani, docili e gentili… Il problema, tuttavia, è che non si tratta di animali così remissivi. Questi artiodattili nativi di Nara, infatti, rappresentano un vero e proprio pericolo per gli sventurati che decidono di dar loro più confidenza di quanto meritino. E adesso spiego perché.
Come arrivare a Nara
Innanzitutto, tanto per fornire qualche informazione di servizio, diciamo come arrivare a Nara. Da Osaka e da Kyoto partono treni diretti che in poco tempo la raggiungono. Le linee ferroviarie sono due, una privata, da Kyoto e da Osaka, più veloce, che giunge a pochi metri dall’entrata dell’area monumentale; quella della JR, più lenta, che parte da Osaka e termina alla stazione della cittadina, sensibilmente più distante dal parco.
Noi, dato che eravamo a Osaka e volevamo sfruttare il più possibile il nostro beneamato Japan Rail Pass, abbiamo optato per la via più lunga. Il che si è rivelato piuttosto faticoso, da una parte, perché il tragitto per raggiungere il parco è tutto in salita; tuttavia, da un punto di vista squisitamente turistico, la lunga passeggiata ci ha dato modo di avere un primo incontro non solo con alcuni splendidi templi, ma anche con i famigerati cervi pomellati di Nara.
I cervi di Nara
La prima cosa che si nota è che i cervi sono dappertutto, quindi anche in pieno centro cittadino. Si muovono piuttosto pigramente tra i piani erbosi ai lati della strada e i marciapiedi, andando incontro a tutti i bipedi umani che incontrano in cerca di cibo. Perché alla fine è questo che cercano: cibo, in qualsiasi forma, sapore, contenuto, tipologia, e per qualche motivo evolutivo a noi sconosciuto, hanno capito che solo gli esseri dotati di macchina fotografica, stranamente abbigliati, spesso accaldati e sudati, meglio se biondi e di carnagione biancastra, ecco, questi sono le vittime ideali. E questo lo hanno capito anche gli abitanti del luogo, che hanno disseminato la grande strada che conduce al parco di bancarelle che vendono cibo per cervi.
In parole povere, quello che accade è un vero e proprio agguato. Gli intelligenti animali si posizionano in piccoli gruppi vicino a ogni chioschetto; per qualche ragione recondita, non provano mai ad allungare collo e lingua per arraffare un pacchetto di biscotti: forse i venditori, alla faccia del rispetto che si deve a questi cervi giudicati “sacri”, in passato li hanno bastonati a dovere. Nient’affatto. Aspettano pazientemente che il fesso di turno, cioè il classico turista in bermuda e occhiali scuri, spinto da una irrefrenabile quanto ingiustificato desiderio di dar loro qualcosa da mangiare, si avvicini al chiosco e acquisti il pacchetto di biscotti.
La caccia la biscotto
Allora, e solo allora, scatta l’agguato. Appena il turista ha pagato, neppure il tempo di girarsi e valutare la situazione, ecco che viene circondato da mezza dozzina di cervi, in gran parte femmine, che cominciano a dargli colpi di muso su gambe, glutei, piedi, sollecitando la rapida distribuzione dell’agognato banchetto. L’atmosfera, in breve, diventa critica: i cervi aumentano di numero e cambiano repentinamente umore. Da simil-Bambi dagli occhi dolci e sognanti si trasformano in bestie prepotenti e arroganti, e in breve passano dai colpetti di muso a veri e propri morsi, affibbiati con perizia sulle parti più molli del malcapitato.
Quando arrivano i maschi (che sono provvisti di corna), la situazione precipita. Perché questi signori, abituati a non chiedere mai e a prendersi tutto, dopo essersi fatti largo tra femmine e cuccioli, iniziano a pretendere il malloppo con vere e proprie cornate, anch’esse ben distribuite tra glutei e cosce, tanto che, in breve, il povero turista si vede costretto a sottrarsi alla carica mollando il pacchetto e dandosela a gambe.
Morale della favola: niente cibo ai cervi. Consiglio vivamente di lasciarlo fare agli altri e godersi la scena.