Il redditizio commercio di capelli umani in Myanmar

Nel corso di una sosta tra una tappa e l’altra, Sonny ci ha accompagnato a visitare una fabbrica di parrucche per donne. Sulle prime ci siamo sorpresi, perché non capivamo il motivo di tale scelta, a parte il bisogno di sgranchirci le gambe e mangiare un boccone. Al contrario, la nostra sagace guida ci stava mostrando quello che, da lì a pochi anni, sarebbe diventato il grande business del paese: il commercio di capelli umani.

La fabbrica – o bisognerebbe definirla meglio un opificio artigianale – era per metà al coperto, per metà direttamente sulla strada. Tutte le impiegate, giovani ragazze molto indaffarate e per nulla interessate a noi, maneggiavano con cura e precisione fasci di capelli neri di varia lunghezza, disposti a mucchietti di fronte a loro. Alcuni venivano legati con nastrini colorati e messi da parte, altri erano destinati a delle trame disposte sul capo di manichini. Appese un po’ dappertutto troneggiavano parrucche complete, di molte foggie e dimensioni, pronte per essere vendute.

Noi non potevamo saperlo, ma il commercio di capelli umani è diventuto ben presto una delle attività più redditizie del Myanmar. Il paese nel 2018 è addirittura diventato il terzo esportatore mondiale dopo India e Tunisia. Con un indotto che ha sfiorato (nel 2016, dati CNN) gli 88 milioni di dollari. Più o meno come esportare 1000 auto all’anno!

Un acquirente esamina le ciocche di capelli confezionate

I capelli birmani, insomma, sono molto ricercati all’estero. Sono considerati di ottima qualità perché lisci, mai untuosi o troppo secchi, solidi e senza doppie punte. I fornitori di tale ricchezza sono le ragazze e le donne birmane. In Myanmar è abitudine tagliarsi i capelli a zero prima di entrare in un convento per monache buddiste, anche se si tratta solo di una scelta temporanea. In Aprile, in particolar modo, in occasione del capodanno buddista, è molto diffusa l’abitudine di trascorrere almeno 10 giorni in convento. Il ricavato del taglio dei capelli viene messo da parte, speso per la famiglia e devoluto, una parte, all’elemosia destinata ai monaci.

Che sia una fonte di reddito vitale, è praticamente fuori discussione.  Per molte donne si tratta di una infusione di denaro preziosissima, tale da poter risollevare le sorti della famiglia, permettere le piccole spese straordinarie e rimborsare i debiti. Ma quanto si guadagna da tale commercio? La maggior parte delle transazioni varia da un minimo di 15.000 kyat a circa 200.000 kyat, a secondo della lucentezza, foltezza e lunghezza dei capelli. Parliamo quindi di un guadagno medio di circa 45 dollari, quindi, quando in Myanmar il salario medio giornaliero non supera i 4 euro. I capelli vengono pesati su bilance secondo un’unità di misura tradizionale, il viss, che equivale approssivativamente a 1 chilo e mezzo.

I capelli, lavorati e riconfezionati come “capelli birmani grezzi”, verranno venduti per centinaia di dollari a quei consumatori che pretendono parrucche ed extension realizzate con materiale di prima qualità. E a quanto pare, i capelli delle donne birmane, così setosi e lucenti, sono tra i migliori al mondo. La Cina, tanto per cambiare, è la prima acquirente di questo giovane mercato emergente. Essendo molto apprezzate dalle donne di colore, le estensioni di capelli umani sono molto richieste anche in Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre che Nigeria e Sud Africa.

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