Il giapponese e il suo cellulare

La prima cosa che salta all’occhio in Giappone è lo stretto rapporto che la gente ha con il proprio cellulare. Uomini, donne, bambini, anziani… sono tutti in possesso di cellulari, mediamente di ultima generazione, che esibiscono in qualsiasi occasione, specie in metropolitana, nei mezzi pubblici, in treno, per strada.

Colgono l’occasione di tirarlo fuori anche nei momenti meno opportuni, o nelle piccolissime pause tra un’occupazione e l’altra, come si vede nella foto: anche un semaforo rosso serve a ricordare che abbiamo sicuramente qualcosa da vedere, da controllare, da inviare, da leggere, con il nostro prezioso oggettino da 500 euro e più.

Niente di diverso, ad ogni modo, da ciò che avviene un po’ dappertutto: il cellulare è principalmente uno status symbol, né più né meno di come avviene da noi, quindi niente di sorprendente se si vedono continuamente persone che non perdono occasione di tirarlo fuori a piè sospinto. Poi cosa ci fanno effettivamente, è presto detto: chattano, giocano, fanno selfies, riprendono anche le cose più insulse, si scambiano files.

Ma c’è una cosa che i giapponesi non fanno con il cellulare, almeno in pubblico. Non telefonano. Non si sente mai uno squillo, né si vede qualcuno che parla concitatamente al telefono, magari parandosi la bocca con la mano. Niente di tutto questo. Sembra quasi che in Giappone il telefono portatile serva a tutto meno che alla sua funzione primaria. In ogni locale pubblico che si rispetti, si invita la gente a spegnere il cellulare; anche nei treni si raccomanda la stessa cosa. Non parliamo poi di luoghi come metro o ristoranti.

Sulle prime non ci avevo badato, poi, un giorno, sullo shinkansen per Kyoto, un signore distinto vicino a me riceve una chiamata. E subito ho notato l’anomalia: era la prima volta, in 8 giorni, che sentivo una suoneria telefonica! Il signore è diventato di tutti i colori. Con genti concitati e francamente esagerati, ha cercato il cellulare nelle pieghe della giacca, l’ha silenziato e poi si è alzato di corsa per raggiungere la zona di interscambio tra le due carrozze, evidentemente l’unica area, sul treno, in cui era possibile parlare al telefono.

Insomma, sembra che questo elementare principio di civiltà e di cortesia, cioè il dovere di non infastidire i propri vicini con le proprie chiacchiere telefoniche, in Giappone sia quasi una legge non scritta, ma rispettata da tutti, grandi e piccoli, giovani e anziani, in qualsiasi località o situazione. Un’altra lezione per noi italiani.

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