Volo Roma Mosca, primo scalo con qualche incertezza

Il primo fattore di incertezza del nostro viaggio in Cina era costituito da quello che potremmo definire “il terzo incomodo”: la mamma di Guido, la signora Anna. Non avevamo idea di come avremmo dovuto comportarci con lei. In fine dei conti, viaggiare con una persona anziana per noi era un inedito assoluto; abituati a muoversi in piena autonomia, spesso al limite della imprudenza, ci risultava difficile immaginarci in una nuova situazione che, per fattori contingenti, sarebbe stata meno gestibile del consueto.

Preoccupazioni inutili. Fin dal primo incontro all’aeroporto di Fiumicino ci siamo resi conto che i nostri timori erano ingiustificati. Il primo impatto con la signora Anna è stato piacevole, cordialissimo, perfino divertente. La madre di Guido ha mostrato fin da subito uno spirito di adattamento che avrebbe fatto invidia ad un rocciatore himalayano, affrontando ogni fase dell’imbarco con pazienza, competenza, risolutezza. D’altronde era una donna abituata a viaggiare: nel suo palmares, infatti, figuravano vacanze al limite della spericolatezza, come i viaggi in Etiopia e Libia. Luoghi in cui, detto per inciso, io non ho avuto mai il coraggio di andare!…

Le prime fasi del viaggio, quindi, sono state superate senza intoppi. Il check-in, il successivo controllo bagagli, il lungo trasferimento al gate per l’imbarco, tutto è andato liscio come l’olio. Al momento di salire sul primo aereo (Roma-Mosca), tuttavia, non troviamo più la signora! Presi dall’angoscia, io e mia moglie cerchiamo di raccapezzarci in qualche modo: ci eravamo appena messi tutti in fila, ok, e la signora era accanto a noi… No, a dire il vero, ad un certo punto si era allontana per andare a sedersi poco distante, giustificandosi con l’impossibilità di stare troppo tempo in piedi. Una mossa comprensibile, data l’età (84 allora), che noi abbiamo volentieri assecondato, pur tenendola d’occhio costantemente. Ma è bastato distrarci un attimo, un solo attimo, e ce la siamo persa!

Non sapevamo che fare. Allontanarci per andarla a cercare era fuori discussione: ormai eravamo quasi arrivati all’uscita del gate. Non ci restava che sperare di vederla apparire, come per miracolo, da qualche altra parte… Grazie al cielo, quando già pensavo di lasciare Paola in fila e mettermi a cercare per tutto l’aeroporto, anche a rischio di farmi richiamare, ecco che la vediamo dall’altra parte del controllo biglietti. Era semplicemente passata per i fatti suoi, scavalcando disinvoltamente la fila, presentando biglietto e passaporto senza l’aiuto di nessuno. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo. La signora Anna, a quanto pareva, sapeva il fatto suo.

Il primo volo è stato molto piacevole e sereno. Nondimeno, preannunciava il secondo momento critico del nostro trasferimento in Cina: lo scalo a Mosca. Come avremmo gestito una signora vivace e arzilla come un gatto in questo momento così delicato? Ce la saremmo persa una volta ancora? Memore di quanto avvenuto a Fiumicino, mi sono messo alle calcagna della signora Anna fin dalla discesa dall’aereo. Non volevo assolutamente perderla di vista, non questa volta. Il mio piano era semplice: stringerci in una coorte compatta, bloccare i movimenti della signora, accompagnarla dappertutto, anche al bagno, pur di non lasciarla mai sola.

Tale preoccupazione potrà sembrare eccessiva, ma con il senno del poi posso garantire che era ampiamente giustificata. Nel 2015 l’aeroporto di Mosca si trovava nel pieno di un radicale maquillage strutturale; il gate da cui ci saremmo imbarcati per Pechino, infatti, si trovava in un’altra ala del grande aeroporto, ma il tragitto per raggiungerlo era proprio quello interessato dai lavori. Oggi ci si sposta con una navetta: all’epoca bisognava fare affidamento unicamente sulle proprie gambe.

Resoci conto della difficoltà, abbiamo iniziato a camminare fin da subito. Il tempo era sufficiente, questo è vero, ma la difficoltà della signora Anna a deambulare rallentava la marcia e costituiva un ulteriore fattore di preoccupazione. Dovevamo infatti procedere per brevi tratti e poi fermarci a riposare. La foto di questo articolo testimonia proprio uno di questi momenti di sosta. Con pazienza e perseveranza, mettendoci più del dovuto, abbiamo raggiunto la meta appena in tempo. Mi ricordo che da lontano, una volta giunti nell’ala giusta dell’aeroporto, scorgevamo le ultime persone attraversare il cancello di uscita per l’imbarco. Un ultimo sforzo da parte della signora Anna, che è stata bravissima, pur soffrendo molto quella camminata a strappi, e siamo riusciti ad arrivare al gate; ed eravamo letteralmente gli ultimi ad entrare!

 

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