Prostituzione in Thailandia, perché è così diffusa

Thailandia è sinonimo di mare, foreste, divertimenti, monumenti e… prostituzione. Forse non esiste al mondo una nazione così facilmente identificabile con il commercio del sesso come la Thailandia. Le “bar girls”, le “go-go girls”, le “karaoke girls” o perfino i “ladyboy” sono figure con cui, durante un viaggio in Thailandia, bisognerà confrontarsi. Perché è impossibile non averci a che fare, prima o poi.

Il periodo del concubinaggio

Innanzitutto, un po’ di storia. Perché ogni fenomeno culturale, antropologico e sociale ha sempre origine in qualche momento del passato che molti, probabilmente, ignorano o hanno dimenticato. Durante il medioevo locale, caratterizzate da frequenti guerre con i vicini laotiani, birmani e cambogiani, le donne erano trattate alla stregua di bottino di guerra e come tali scambiate tra i vincitori. La riduzione in schiavitù sessuale era quindi un destino comune, frequente, quasi ovvio, delle donne dei perdenti. Considerate concubine, entravano a far parte dei numerosi “harem” dei guerrieri vincitori. Nel tempo, il concubinaggio è divenuto una specie di istituzione e, come altri valori più o meno discutibili, uno status sociale da mostrare e di cui vantarsi.

Avere una moglie e più concubine, quindi, era un segno inequivocabile di successo, potere, importanza sociale. Con la fine delle guerre, le concubine iniziarono ad essere reclutate tra le ragazze più povere, le emarginate, le immigrate. Divenne quasi una occupazione stabile, se vogliamo, data la domanda sostenuta da parte degli uomini thailandesi. E un modo per sopravvivere decentemente, sia per le ragazze coinvolte che per le loro famiglie. La prospettiva di diventare la concubina di qualche notabile, o uomo d’affari, o di chiunque fosse in grado di sostentarle, sembrava la scelta di sopravvivenza più sensata.

La prostitute sostituiscono le concubine

Il concubinaggio termina ufficialmente all’inizio del XX secolo, quando un re coraggioso mette fine alla pratica per avvicinare il paese all’Occidente. Ciò comportò un vero e proprio schock sia culturale che economico: da un lato, infatti, gli uomini vennero improvvisamente privati del loro diversivo sessuale; dall’altro, le ex-concubine si ritrovarono in mezzo a una strada, senza più mezzi di sostentamento e protezione. Lo sbocco scontato della situazione fu l’aumento esponenziale della prostituzione, che riconciliava, in un attimo le esigenze dell’una e dell’altra categoria.

La prostituzione in Thailandia divenne una industria vera e propria durante le guerre del XX secolo. Nel corso dell’occupazione giapponese, migliaia di ragazze furono reclutate a forza come prostitute. Ma fu solo con la guerra del Vietnam che il fenomeno raggiunse i numeri che ha ancora oggi. La Thailandia, infatti, divenne la base dei militari americani in congedo, e luoghi come Pattaya o Bangkok videro ben presto l’aumento esponenziale del mercato del sesso. Andati via gli ospiti americani, l’enorme industria del sesso a pagamento restò come sospesa, in attesa di un altro boom di clienti. Che inevitabilmente giunse con il turismo di massa.

Quando la prostituzione diventa industria a tutti gli effetti

Il turismo sessuale è stato ed è ancora oggi, malgrado i burocrati thailandesi si affannino a dire il contrario, un’attività che muove miliardi di dollari all’anno. Milioni di maschi adulti stranieri invadono ogni anno le coste e le località più celebri del paese con il solo scopo di avere avventure sessuali a pagamento. E questo malgrado la prostituzione in Thailandia sia formalmente illegale! Per questo la presenza di donnine allegre e i loro alter-ego ladyboy è così sfacciatamente evidente nelle strade di Bangkok, Pukhet, Chiang Mai, per non parlare della capitale del “vizio” per eccellenza, Pattaya.

A questo punto qualcuno si chiederà perché così tante giovani donne decidono di praticare un lavoro piuttosto degradato, spesso sfruttato, sottopagato, anche pericoloso, perché no, in un periodo di così florido sviluppo economico. Possibile che non ci siano mestieri più appaganti, convenzionali, cui si possa ricorrere, anziché prostituirsi? Anche qui la risposta non è semplice. La scelta di fare questo mestiere non sempre è spontanea. Esiste una pratica, esecrabile e rivoltante quanto si vuole, per cui gli uomini hanno il diritto di disfarsi delle mogli (e spesso anche dei figli) quando trovano donne più giovani. Queste madri, che comunque non superano quasi mai i 30 anni di età, si trovano improvvisamente senza alcun sostegno e con varie bocche da sfamare. La prostituzione è l’unico sbocco possibile.

Nei villaggi, dove il benessere delle città è solo un pallido miraggio, la povertà costringe le famiglie a disfarsi delle figlie femmine, spesso giovanissime, pur di sopravvivere. Queste ragazze invariabilmente vengono spedite nelle città o nelle località di mare per prostituirsi e contribuire, con la benedizione di tutti, alle finanze della famiglia. E’ una pratica talmente diffusa da essere considerata una risorsa legittima a cui fare affidamento quanto tutte le altre.

D’altronde, non si tratta del mestiere più antico del mondo?

 

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