Una rilassante escursione in barca a Tam Coc

Tam Coc è una delle mete turistiche più celebri del nord del Vietnam. Molti turisti la pongono in cima alle proprie scelte, tanto da programmare persino una notte a Ninh Binh pur di non perdersi neppure un secondo dell’atmosfera magica di questo luogo. In ogni caso, la maggior parte di essi ci viene preparato: sa perfettamente cosa lo aspetta e a cosa andrà incontro.

Io e i miei 3 compagni di viaggio, al contrario, siamo giunti all’appuntamento con Tam Coc clamorosamente impreparati. Pur possedendo una esaustiva guida di viaggio, non ci siamo molto curati di leggere le pagine dedicate a questo luogo, neppure per capire perché fosse tanto famoso. Non per mancanza di curiosità. Pensavamo che prima o poi, nel corso della lunga giornata di escursioni in serie, avremmo trovato il tempo e il modo di documentarci a dovere. Invece quel pomeriggio, severamente provati dalla salita al cocuzzolo di Hang Mùa, ci siamo abbandonati a quel sano e languido torpore che segue una grande fatica e nessuno ha avuto la forza e il coraggio di aprire la nostra Lonely Planet.

Arrivati a Tam Coc siamo stati travolti immediatamente dagli eventi. Siamo stati depositati senza tante cerimonie presso un grande molo a semicerchio che si estendeva sulla riva più estesa di un piccolo lago. In acqua una quantità indescrivibile di piccole barche a remi stazionava in attesa dei turisti. I quali venivano disciplinatamente disposti a due a due in fila indiana e consegnati all’imbarcazione di turno. In quella confusione non ci siamo impegnati molto a capire cosa stava succedendo e – soprattutto – come avremmo affrontato la navigazione. Ma ben presto ci è stato tutto chiaro.

Un modo bizzarro di remare

Una volta saliti sulla barchetta è stato subito evidente che la caratteristica più bizzarra e famosa di Tam Coc non è il paesaggio, né il corso d’acqua, né l’atmosfera bucolica… Nossignori. La cosa che rende questo posto così celebre è il modo in cui vengono condotte le barche. Ovvero: non si rema con le braccia, se non in circostanze limitate, bensì con i piedi!

A Tam Coc si rema con i piedi

Il selfie che ho scattato qui sopra con il cellulare illustra bene il concetto. Come si vede chiaramente, il tipo agisce sui remi con i piedi standosene comodamente seduto in posizione leggermente reclinata all’indietro. In questo modo riesce a sviluppare una forza sufficiente a mulinare le gambe in avanti e spostare agevolmente la barca.

A tal proposito, ho notato che ci sono due modi per remare con i piedi a Tam Coc, utilizzati indifferentemente da uomini e donne. Il primo è quello di utilizzare la forza delle gambe all’unisono, ovvero contemporaneamente nella stessa direzione. E’ la modalità che potremmo definire “classica” di remare, dato che corrisponde esattamente al movimento che si farebbe con le braccia. La seconda tipologia, ben più particolare, è quella invece di agire sui remi in modo alternato, come se si andasse in bicicletta.

L’uso dell’uno o dell’altro sistema dipende dalle circostanze. In linea generale, potrei affermare che la remata classica, sia pure effettuata con i piedi, garantisce maggiore velocità. La remata alternata, invece, riesce a fornire maggiore controllo dell’imbarcazione quando bisogna rallentare, scostarsi rapidamente, approcciare un ostacolo, ecc..

In ogni caso, la particolarità davvero strabiliante di questa pratica è il controllo dei remi svolto da piedi e caviglie. Con le mani, infatti, il remo viene girato sul suo asse ogni volta che si trova fuori dell’acqua e posizionarlo esattamente nella posizione più idonea quando ci rientra. Un movimento di torsione che spesso necessita di molta pratica per essere appreso alla perfezione – e chi ha provato per la prima volta a remare lo può confermare. Tale torsione viene eseguita, e in modo incredibilmente perfetto, dai piedi di questi rematori-acrobati. Che riescono a maneggiare i due legni senza quasi sollevare spruzzi sulla superficie dell’acqua.

Un luogo incantanto

La parte iniziale dell’escursione a Tam Coc

Si tratta, come si può ben capire, di una manifestazione di abilità che assorbe gran parte dell’attenzione dei turisti attoniti e rapiti a discapito delle bellezze naturali che li circondano. Che sarebbero, in realtà, la ragione primaria per cui ci si reca a Tam Coc. Perché non c’è dubbio che è la natura la vera unica e sola protagonista dell’escursione.

La gita, in breve, prevede un tragitto di andata e ritorno lungo un corso d’acqua piuttosto esiguo. Esso si snoda all’interno di una profonda vallata circondata da enormi colline carsiche ricoperte da vegetazione. Si tratta di un fiume il cui corso e dimensione dipendono dall’andamento delle piogge. E’ lo stesso che si scorge da Hang Mùa, una volta raggiunta la cima. Per questo le due escursioni vengono offerte quasi sempre in abbinamento.

L’inizio della tratta si svolge nel bacino più ampio, quello all’interno della cittadina, che a prima vista assomiglia decisamente a un laghetto. Qui le barche si dispongono una dietro l’altra e iniziano il loro percorso ad una velocità che – all’apparenza – appare moderata, da crociera. I rematori a volte procedono affiancati, lasciandosi andare a lunghe chiacchierate e prendendosela decisamente comoda, come possono testimoniare Daniela e Sergio. Loro, infatti, sono saliti sulla barchetta di una ragazza che sembrava troppo esile e giovane per riuscire a trasportare loro due più il figlio Danilo. Fin da subito, la ragazza si è impegnata in una una lunga discussione con una collega a cui si era affiancata e che non ha mollato per gran parte del tragitto iniziale, quello all’apparenza più facile e meno intasato.

Da qui in poi abbiamo perso i nostri amici, dato che il nostro rematore, al contrario, sembrava avere una fretta del diavolo…

Le caverne di Tam Coc

Ciò che rende l’escursione in barca a Tam Coc non solo appagante ma anche un tantino eccitante è la possibilità di navigare all’interno di caverne buie e strette. Che appaiono, all’improvviso, come delle anguste fessure scavate ai piedi di enormi colline rocciose, protese minacciosamente sul fiume. Sembra quasi, da lontano, che il corso d’acqua si perda all’interno della montagna e non ci sia modo di passarci attraverso.

Una delle caverne di Tam Coc

In realtà, le caverne sono facilmente percorribili e non nascondono alcun pericolo. Occorre solo fare attenzione al soffitto, che in alcuni punti è perfino a portata di mano tanto è basso. Per il resto, a parte il primo momento di disorientamente, dovuto all’oscurità improvvisa che ci circonda e ci avviluppa, a poco a poco la poca luce presente incomincia a rivelare le caratteristiche naturali e geologiche di questi anfratti scavati dal tempo e dall’azione erosiva dell’acqua.

L’uscita da una grotta di Tam Coc un tantino affollata

La traversata di tali anfratti, come ho detto, non è per niente pericolosa; a patto di non avere la sfortuna di essere trasportato da una persona che pretende a tutti i costi di dimostrare quanto sia bravo e veloce a condurre la barca anche al buio! Può capitare, infatti, che il tuo rematore si infili nell’oscurità di quella fessurina a una velocità francamente eccessiva. Non succede mai nulla, in realtà, perché il tizio conosce a menadito tutti i più segreti passaggi all’interno delle grotte. Tuttavia, può anche capitare che ci si trovi, improvvisamente, di fronte ad un altra imbarcazione, che proviene in senso opposto (che magari sta facendo la stessa cosa per deliziare/terrorizzare i propri ospiti), e che si assista ad una repentina frenata o a un brusco scostamento laterale per evitare l’impatto…

Commercianti all’abbordaggio!

In realtà, Tam Coc non è un parco naturale a uso e consumo dei turisti. E’ essensialmente una grande vallata alluvionale sulle cui sponde sorgono risaie e altre colture. Le rive di questo esile fiume, infatti, sono piuttosto basse e vengono utilizzate da secoli per la coltivazione del riso sfruttando le frequenti inondazioni. Il momento forse più idoneo ad attraversarla (o guardarla dall’alto, come si fa da Hang Mùa) è la primavera, quando il riso è pronto per essere colto e il fiume sembra circondato da pianure di un intenso color giallo. Per il resto della stagione il verde domina su tutto, rafforzato dalle grandi infestazioni di giacinti d’acqua, canneti e ninfee che si estendono sulle rive del fiume e a volte sembrano quasi soffocarlo.

Due signore pronte all’abbordaggio

Tale vegetazione, che in alcuni punti raggiunge dimensioni ragguardevoli, serve da perfetto nascondiglio per i venditori di cibo e chincaglierie che anche qui, come in altri posti nel mondo, approfittano dell’occasione per assillare i poveri turisti esausti. Dove le zone sono particolarmente favorevoli all’agguato, queste signore (perché sempre di donne si tratta) si mettono in paziente attesa delle barche (e del loro preziosissimo carico); sbucano fuori all’improvviso e le affiancano con vigorore vogate (sempre con i piedi, naturalmente). Vendono un po’ di tutto, dai fiori del loto alle banane e altri frutti; alcune possiedono frigoriferi portatili dentro cui custodiscono il bene forse più bramato dai turisti, ovvero lattine fresche di birra o altre bevande dissetanti.

Una venditrice naviga sul fiume in cerca di acquirenti

Un po’ perché il nostro rematore, come per miracolo, improvvisamente decelera e si fa docilmente abbordare; un po’ per curiosità; un po’ perché dopo un’ora e mezza di placida (e un tantino noiosa) navigazione, una buona bevanda gassata fresca e ricca di zuccheri ci sta eccome… fatto sta che raramente i turisti evitano le attenzioni interessate di queste energiche donnine. Tutto costa esageratamente caro (almeno per gli standard vietnamiti) ma è sempre d’obbligo la contrattazione, senza cui sarebbe perfino degradante acquistare alcunché da questi capaci commercianti locali.

Il tempio di Hang Mùa visto dal fiume

Alla fine del percorso di andata si scorge, ad un certo punto, il belvedere da cui, poche ore prima, ci eravamo affacciati sulla vallata. E da quaggiù l’impresa della scalata a Hang Mùa sembra ancora più temeraria e folle, specie considerando che proprio sotto il tempietto si apre uno dei burroni più scoscesi di tutta la zona!

Ritorno alla base, in favore di corrente

Da qui in poi inizia una vera corsa contro il tempo. Il nostro conducente/rematore inizia a darci dentro come un forsennato. E’ evidente che l’intento è quello di assicurarsi un’altra corsa con turisti prima che faccia buio. Il percorso del ritorno, quindi, avviene ad una velocità decisamente più sostenuta di quella dell’andata, forse aiutata dal fatto che adesso si va a favore di corrente. Ma tant’è… in verità bisogna ammettere che dopo quasi due ore di splash-splash e poco altro, avendo già ammirato il panorama molte volte e da innumerevoli prospettive, anche noi iniziamo a pensare di averne abbastanza. Il celere ritorno alla base, pertanto, viene quasi sempre giudicato con estrema benevolenza dai turisti, soprattutto se lascia sufficiente margine di tempo per ritornare ad Hanoi prima che si intasi per il traffico serale…

Il tappeto di barche che copre il bacino di Tam Coc

Il pomeriggio, inoltre, non lascia altre occasioni di fare ulteriori corse sul fiume. Per cui è facile giungere al molo di partenza e trovarlo letteralmente invaso da barche ormeggiate per la notte, come si vede nella foto sopra. Alcune donne si dedicano alle ultime manutenzioni, altre le svuotano con un secchiello dei rimasugli di acqua accumulata durante la navigazione. Tutte le imbarcazioni sembrano stringersi l’una all’altra formando un tappeto di legno e metallo che copre la maggior parte del bacino.

E’ qui, pertanto, che i turisti vengono scaricati in attesa dei loro driver. Depositano il giubbotto di salvagaggio, pagano la mancia al rematore, si accoccolano su un gradone del molo per ammirare il tramonto sullo specchio d’acqua. La gita a Tam Coc finisce così, nell’umido opprimente della sera che avanza e invidiando i figli dei barcaioli che fanno rumorosamente il bagno nel fiume divertendosi un mondo.

 

 

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