Le scuderie reali di Meknes hanno senza dubbio tutte le carte in regola per entrare nel Guinness dei primati. Sono enormi, hanno una storia piuttosto eccentrica e restano ancora oggi uno dei più grandi esempi di architettura berbero-araba del Marocco. Del resto l’enorme complesso, malgrando le devastazioni causate da un terremmoto nel Settecento, rimane ancora oggi un ambiente che mette soggezione per quanto è vasto, grandioso, esagerato. Eppure non tutti i turisti che si recano a Meknes hanno il tempo e il modo per visitarle.
Le scuderie reali sono un complesso di edifici che comprende, oltre ai cortili adibiti a stalle, anche un granaio e un annesso Palazzo dell’acqua. Il tutto visitabile, con guida o meno, per appena 10 dirham. Furono costruite dal più celebre e potente sultano dell’epoca, quel Moulay Ismail che tra la metà del Seicento e l’inizio del Settecento scelse Meknes come capitale del suo impero e la abbellì di palazzi, edifici pubblici e mura magnifiche.
Il complesso sbalordisce ancora oggi per le dimensioni e la struttura architettonica. Ciò che resta si dice che sia solo un settimo di quanto dovesse essere in origine. D’altronde, le stalle del sultano ospitavano fino a 12.000 cavalli, che in questo luogo fresco e riparato potevano contare non solo su grano e biada a volontà, ma perfino sulle assidue e amorevoli cure di uno stalliere e uno schiavo per ogni esemplare.
Adiacente all’edificio sorge il Heri es Suoani, un enorme granaio costruito su un serbatoio d’acqua. Questo edificio, al contrario delle scuderie, ha mantenuto il soffitto integro e risulta per quanto possibile ancora più impressionante del primo. Per mantenere costante la circolazione dell’aria e abbassare le temperature, il granaio ha mura molto spesse e piccole finestre al livello del soffitto. Sul tetto, un tempo, sorgeva perfino una piccola foresta, e questo per tenere costante la temperatura al suo interno. E’ abbastanza grande, si dice, da poter contenenere l’equivalente di 20 anni di riserve di grano!
L’amore sviscerato per i cavalli da parte del sultano, quindi, è ormai entrato nella leggenda. Sembra che avesse più considerazione per i quadrupedi che per gli umani, cosa che, talvolta, non è da biasimare. Oltre che ai due servitori in pianta stabile, infatti, gli equini potevano contare su un sistema di canali che forniva acqua corrente e pulita in ogni angolo delle scuderie. La temperatura era fresca in estate e calda in inverno, e questo grazie ai muri spessi, ai soffitti alti e a una ventilazione costante al suo interno.
La cura maniacale per il benessere e il decoro di questi fortunati animali ha fatto nascere storie sulla cui veridicità sarebbe opportuno aprire un dibattito a parte. Io le ho lette sui vari depliant che ci fornivano all’ingresso dei monumenti e ne ho tratto l’impressione che i marocchini di oggi ci credano davvero. Secondo una di queste, la più eccentrica, dopo che un cavallo aveva completato un viaggio alla Mecca, gli schiavi erano costretti a raccogliere la sua urina all’interno di un contenitore, poiché disperderla a terra era considerato un sacrilegio!
Di tanta devozione oggi resta ben poco. I pochi cavalli che si vedono in giro, a Meknes, sono degli ossuti ronzini che trainano le carrozzelle per turisti. Non mi hanno dato l’impressione di godere degli stessi privilegi dei loro fortunati antenati. All’interno delle scuderie reali, ad ogni modo, esistono alcuni esemplari che vengono esibiti e addobbati come tre secoli fa. Si tratta di una mera rappresentazione per turisti, ma possono dare un’idea di quali razze, all’epoca, affollavano questi ambienti così vasti e oggi così abbandonati a se stessi.