In carrozzella per le strade di Meknes

Di regola non prendo mai le carrozzelle trainate da cavalli, asini e affini. Istintivamente – e so che è una convinzione storicamente sbagliata – tendo a pensare che il mio peso, sommato a  quello di mia moglie, siano sinceramente eccessivi per i muscoli della povera bestia. Preferisco, dove è possibile, affidarmi alle mia gambe anziché ricorrere a questo antichissimo mezzo di locomozione.

Eppure a Meknes, un po’ per il caldo, un po’ per una scorretta valutazione delle distanze reali, siamo stati costretti a prendere una carrozzella trainata da un cavallino smilzo e all’apparenza piuttosto male in arnese. Se non fosse stato per le insistenze di mia moglie, che temeva di dover faticare più del dovuto, non avrei mai accettato l’invito del conducente. Tuttavia, una volta partiti, mi sono dovuto ricredere: il cavallo non sembrava eccessivamente affaticato e anzi, in certi punti del tragitto, s’è pure messo a trottare allegramente.

Dissipati i timori sulla salute della bestia, mi sono potuto dedicare all’attività più divertente, ovvero osservare, da un punto di vista più “fluido”, cosa succedeva intorno a me mano mano che giravamo intorno alle mura di Meknes. Abbiamo attraversato vicoli e strade che in altre circostanze non avremmo mai percorso – non a piedi, comunque. Ed è stato un susseguirsi di sorprese e di scenari davvero appaganti, specie quando venivamo in contatto con la vita quotidiana dei locali.

Ho constatato subito che i marocchini, come da noi al sud, amano molto stare fuori dall’uscio di casa e osservare la gente che passa. Possibilmente assaporando una tazza di buon tè alla menta, preferibilmente conversando con il vicino. Una abitudine affatto scoraggiata dall’intensa calura di quella mattina di agosto, malgrado i raggi del sole fossero già piuttosto caldi e l’ombra scarsa. Le donne, in particolar modo, non sembravano minimamente a disagio dal momento che erano quasi tutte vestite con lunghe e – all’apparenza – pesanti tuniche di lana.

Ad ogni modo, il nostro passaggio non sortiva alcun effetto apprezzabile. Come in altri posti a vocazione turistica, la presenza degli stranieri non solleva alcuna reazione particolare. Siamo visti come degli strani animali di passaggio che ogni giorno, per chissà quale comportamento istintivo, si spostano insensatamente da un pascolo all’altro sfidando il caldo opprimente e le distanze. Qualsiasi cosa facciamo o diciamo non interessa loro più di quanto lo faccia il volo di un piccione o il passaggio di un autobus. Ci dedicano la curiosità di prammatica, appena sufficiente per rendersi conto di chi siamo e dove andiamo, ma niente di più. Una carrozzella con a bordo due europei paonazzi e sudati non è certo l’evento più clamoroso della loro lunga giornata…

La passeggiata in calesse è stata comunque molto piacevole e interessante. Abbiamo attraversato vari quartieri caratterizzati da piccole abitazioni dalle facciate colorate e lunghi viali alberati. Le mura della Medina, che tenevamo sempre sulla nostra destra, ci sovrastavano con elegante imponenza e più di una volta ci hanno anche regalato un po’ di onbra rinfrancante.

Mi sono reso conto che la città di Meknes doveva essere davvero magnifica ai tempi in cui era la capitale del regno. A parte gli imponenti monumenti, presenti un po’ dappertutto, ciò che mi ha colpito è stato un enorme bacino d’acqua rettangolare, costruito molti secoli fa, e utilizzato per avere sempre una riserva d’acqua dolce disponibile anche in periodi di siccità. Un segno di grande intelligenza e di lungimiranza politica che farebbe comodo ai governanti di oggi…

Il tragitto si è concluso davanti ad una delle porte che introduce al suk. Era il posto concordato dove ci attendeva la nostra guida incontrata qualche ora prima dall’altra parte della città. Non so come abbia fatto a raggiungere il luogo dell’appuntemento prima di noi, e a piedi; evidentemente conosceva delle scorciatoie che attraversavano la Medina. Le stesse che ci apprestavamo a percorrere noi, visto che il resto del tour prevedeva la visita del suk di Meknes, da una porta all’altra. Cosa che racconterò in un prossimo post.

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