La rete metropolitana di Tokyo

I giapponesi hanno una naturale propensione ad usare la tecnologia dove è possibile e quando serve davvero, soprattutto per le cose di uso più comune. E lasciare all’uomo il diritto/privilegio di controllare che la tecnologia funzioni correttamente, oserei dire armoniosamente, a vantaggio di chi la usa. La rete metropolitana di Tokyo ne è l’esempio.

La mostruosa complessità della sua rete è il primo shock che un visitatore straniero prova quando si confronta con essa: occorre una mezza giornata solo per capire come orientare la mappa (sopra), e una lente d’ingrandimento per leggere il nome delle stazioni più piccole. Le località più famose sono servite da 3,4 a volte fino a 7 linee diverse, ognuna caratterizzata sagacemente da un colore; ma i colori sono così tanti che spesso si confondono – come accade per la M (rossa ?) con la E (lilla ?). In pratica le linee sono 13 in tutto, e coprono qualsiasi zolla o anfratto sperduto della capitale giapponese. Non c’è praticamente luogo che non possa essere raggiunto dalla metro, e se non ci arriva la metro, sicuramente ci andrà la Yamanote, la linea all’aperto della JR.

Dopo aver pianificato con accuratezza l’itinerario per raggiungere un punto qualsiasi della città – e posso assicurare che ci vuole molta attenzione, altrimenti si sbaglia e si va in tutt’altro posto – bisogna affrontare i tornelli della metro. In Giappone, come in molte parti del mondo, il biglietto viene infilato in una feritoia all’inizio del blocco di accesso: si aspetta che si aprono le ali dei tornelli, si passa velocemente e si recupera il biglietto, che nel frattempo s’è fatto un viaggetto sotterraneo per emergere dall’altra parte del blocco. All’uscita, stessa procedura, con la differenza che stavolta il biglietto viene ingurgitato dal blocco. Quindi guai a dimenticare il biglietto all’entrata… non esci più.

Le stazioni di interscambio della rete metropolitana di Tokyo sono i veri nodi cruciali della circolazione: come si vede dalla cartina sono moltissime e disposte tutte in modo strategico. Non solo assicurano il fluido movimento dei passeggeri tra una linea e l’altra, ma in alcune zone si espandono a dismisura e diventano delle enormi aree sotterranee provviste di centri commerciali, ristoranti, negozi di ogni tipo, supermercati, pachinko, pasticcerie, ecc.. Nei frequenti giorni di pioggia rappresentano un’ancora di salvezza per i poveri turisti inzuppati: l’occasione di riposare, asciugare piedi e vestiti, mangiare un boccone, senza nondimeno smettere di muoversi da un punto all’altro della città.

Un’altra caratteristica tipicamente giapponese, è la presenza di moltissimi addetti, tutti in uniforme impeccabile, alcuni rinchiusi nei gabbiotti d’ingresso, altri a disposizione del pubblico. Il loro compito è semplice: controllare che il flusso dei passeggeri sia regolare, moderatamente frenetico, sempre ordinato, in entrata e in uscita. E intervenire tempestivamente se vedono qualcuno in difficoltà. In un luogo così complesso e tentacolare, del resto, può succedere. Non sempre il loro aiuto è richiesto, a dire il vero. A noi è capitato di venir abbordati da una solerte signorina in uniforme solo perché mi ero attardato a controllare sulla mappa dove mi trovavo. E’ bastato indugiare quei 20-30 secondi di troppo ed è scattato subito il soccorso metro! Ad ogni modo, il loro supporto è utile, quindi sono sicuramente i benvenuti.

E anche questo è un lavoro che a quanto pare nessuna macchina, nessuna tecnologia può fare meglio dell’uomo.

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