Il Kyat birmano: quando la carta vale più del denaro

E’ difficile trovare un posto in cui il denaro sia più in cattive condizioni del Myanmar. La valuta locale, il Kyat, è una delle monete più malridotte della terra, e la foto che ho postato ne dà ampia testimonianza. Nel 2011 circolava in diversi tagli di bancanote, quasi tutte di piccola entità, che però avevano un unico comun denominatore: l’estremo stato di degrado. Quasi tutte quelle che ci capitavano tra le mani erano al limite dello sfacelo, la consistenza risultava minima, quasi impalpabile; l’aspetto poi era sporco e scuro, sintomo di una lunga e logorante vita sociale.

Come si vede dalla foto, si arrivava anche al punto di non poter più riparare le bancanote che si strappavano. Ho ricevuto di resto un involucro di plastica con dentro i due fogli ormai intoccabili della primitiva bancanota da 200 Kyat. Sulle prime mi sono ritratto, ho pensato a una truffa. Tuttavia, dopo aver attentamente considerato chi mi stava dando quella “cosa” – una donnina dall’età indefinita che vendeva frutta – ho pensato che probabilmente nessuno stava cercando di imbrogliarmi: quel pacchetto di plastica trasparente, il cui grado di sporcizia denotava il frequente passaggio di mano, in Myanmar era allora moneta a tutti gli effetti, e io non povevo permettermi di rifiutarla.

Tutte le bancanote erano al limite della dissoluzione: sbrindellate, con pezzi mancanti, di un colore indefinito, fragili, bucate come se mangiate dai vermi. Per tutto il corso del viaggio la mia maggiore preoccupazione è stata quella di preservare queste bancanote da qualche danno ulteriore. Le ho sempre maneggiate come se si trattasse di ali di farfalla, in punta di dita, evitando perfino di piegarle o mettermele in tasca, dove certamente si sarebbero dissolte o polverizzate.

Ma come si è arrivati a tutto questo? La bancanota, si sa, sostituisce la moneta metallica quando non si hanno le risorse per coniare. Questa sostituzione, di cui noi italiani dovremmo conservare qualche ricordo, avviene nei momenti di alta inflazione o quando il paese è soggetto a delle gravi limitazioni nell’importazione di materie prime. Era quest’ultimo il caso del Myanmar di allora. A peggiorare la situazione interveniva anche l’impossibilità – sempre per cronica lacuna di risorse – di rinnovare le bancanote vecchie, rovinate, danneggiate, ritirandole dal mercato e sostituendole con tagli nuovi. Anche in questo caso non c’erano i soldi per fabbricare nuovi soldi…

In realtà una forma di sostituzione stava avvenendo. Il governo stava stampando tagli sempre più minuscoli, da 10, 20, 50 Kyat, e questo proprio per venire incontro alle esigenze dell’economia locale, contadina, semi-sommersa, che conduce i suoi affari al confine del baratto e non ha bisogno di scambiare beni di grosso valore. Queste nuove carte erano però ancora più scadenti, come fattura, di quelle che le avevano precedute. Sembrava di avere in mano un foglio A4, liscio e privo di qualsiasi principio anti-contraffazione. Ma tutto ciò non importava: battere moneta, lo sanno pure i bambini, è un modo facile, comodo, a volte irresponsabile per riempire le tasche della gente. Il denaro così prodotto, tuttavia, nel tempo vale sempre meno della carta con cui è stato realizzato.

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