Gli improbabili compagni di viaggio di una notte in treno (in Cina)

Anche i trasferimenti più scontati possono rivelarsi delle piccole avventure. Come è avvenuto a me, nel 2015, allorché affrontai il lungo viaggio in treno che mi avrebbe portato da Pechino a Nanchang, capitale della provincia dello Jiangxi. Una notte lunga, in gran parte insonne e caratterizzata da un incontro davvero inaspettato.

Per chiarire il quadro della vicenda, ricordo innanzitutto che il nostro trasferimento coincideva con la settimana che precedeva l’inizio del capodanno cinese. Questa festa, per chi non lo sapesse, rappresenta da sempre il più lungo periodo di ferie che i cinesi possono permettersi. Un periodo quindi di grande fermento perché destinato ai trasferimento per raggiungere i propri luoghi di origine e i familiari.

Tutti i mezzi di trasporto pubblici vengono pertanto presi d’assalto. I treni sopratutto, dal momento che sono piuttosto frequenti, rapidi e a buon mercato. Inoltre, raggiungono praticamente ogni angolo del paese. Per questo è così difficile trovare un posto libero durante le festività. Nel nostro caso, ci aveva pensato per tempo Guido che, malgrado qualche difficoltà logistica, era riuscito a piazzarci su un treno a cuccette notturno. Lui aveva trovato posto in un’altra carrozza. La madre, per cui era necessaria una maggiore comodità, aveva ottenuto un posto in un vagone letto.

Una sala d'aspetto della stazione Sud di Pechino
Una sala d’aspetto della stazione Sud di Pechino

Arrivare in anticipo in una stazione cinese è tempo perso. La chiamata ai gates avviene di norma appena un quarto d’ora prima della partenza, quindi restare in stazione a bivaccare per ore e ore sperando di entrare per primi o trovare un posto migliore è una sciocchezza. Peraltro, tutti i posti in Cina sono prenotati. Nondimeno, siamo arrivati in stazione con un certo anticipo e di conseguenza ci siamo dovuti sorbire il trambusto e la confusione di una affollata sala d’aspetto cinese in tempi di pre-capodanno cinese… Il che non è stato tutto sommato spiacevole, a dire il vero.

La chiamata al gate che conduce al binario produce un improvviso sommovimento generale. Tutti si alzano di scatto e si precipitano verso il corridoio, generalmente canalizzato, che conduce ai treni. La ressa si fa insopportabile, la gente inizia ad accumularsi e comprimersi verso l’uscita, lo spazio tra le persone si riduce considerevolmente. Non c’è alcun rispetto per l’ordine di arrivo e la fila è tale solo in teoria. I cinesi, come ho raccontato in questo articolo, non gradiscono molto rispettare le file. L’unico espediente per non farsi superare è quello di ridurre lo spazio vitale tra una persona e l’altra, come fanno loro, ma in ogni caso è una precauzione inutile. Tanto prima o poi al treno si arriva e il posto (o la cuccetta) a cui hai diritto è lì che ti aspetta, non fugge via.

Giunti alla banchina e trovato posto sul treno, tutto improvvisamente si placa. Non si vede più una persona fuori posto. Nel giro di pochi minuti l’enorme massa di gente che poco prima affollava la sala d’aspetto sembra sparita, ingoiata dal lunghissimo treno che ci accoglie. Non resta altro che accomodarsi, trovare posto per le valigie – e non è facile in questo periodo, dato l’alto numero di pacchi che viaggiano – e aspettare la partenza.

C’è gente che preferisce restare in piedi pur di assicurare al proprio preziosissimo pacco – in genere riempito con prodotti alimentari, indumenti o generi di prima necessità acquistati in città – un posto stabile. In quel pacco in definitva c’è tutta la propria storia. Una storia di migrazione, di difficoltà, di stenti e di successi. Ogni pacco rappresenta quindi la propria reputazione, ovvero ciò che si possiede di più prezioso. C’è il dono, ovviamente, o comunque il proprio contributo alla festa, naturalmente, ma sopratutto l’affermazione del proprio status. Un modo per dimostrare, a seconda della quantità di generi acquistati, di aver raggiunto una posizione che i parenti provinciali possono soltanto sognarsela. E più regali si portano, più grande sarà la reputazione presso costoro.

L’immagine che fa da copertina a questo articolo si riferisce ad una forma particolare di regalo. Da quanto sono riuscito a individuare dall’anatomia confusa di quei pezzi di carne, si trattava di un paio di capretti macellati, ridotti in pezzi e infilati alla bell’e meglio in due capienti buste di plastica. I contenitori di polistirolo appartenevano alla stessa famiglia e contenevano, presumibilmente, qualche altra innominabile parte delle povere bestie da preservare in modo più igienico. Tutto questo ben di dio era collocato nel luogo di giunzione tra una carrozza e l’altra. Ovvero il posto più freddo del treno. In pratica, un frigorifero naturale!…

Mi sono fatto un rapido giro, tanto per chiarire meglio a me stesso quanto stavo osservando. Ho notato che anche nell’altro capo della carrozza erano presenti pacchi simili, ammassati in modo ordinato vicino alle porte. Anch’essi quindi disposti nel luogo in cui il riscaldamento del vagone non sarebbe mai arrivato. E dato che a febbraio la temperatura media notturna, almeno dalle parti di Pechino, scende volentieri sotto lo zero, era quello probabilmente il modo migliore di preservare tali generi di consumo deperibili.

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