Da Ella a Nanuoya, cronaca di un viaggio scomodo

Il nostro viaggio in Sri Lanka non è stato certo esente da momenti di disagio e tensione, anche se di entità per lo più trascurabile. A tutti abbiamo fatto fronte con serenità e ironia, ma in una circostanza abbiamo rischiato di andare davvero fuori dai gangheri. E’ stato il caso del trasferimento in treno da Ella a Nanuoya, fortemente consigliato dalla nostra guida e considerato un must da tutte le recensioni di viaggio. Una escursione sulla carta perfetta, facile, divertente e appagante. In realtà una disavventura per molti versi “esemplare”, le cui cause principali, a mente fredda, sono state la disinformazione (mia) e l’eccessiva fiducia nel prossimo (la nostra guida).

Il viaggio in treno da Ella a Nanuoya è il trasferimento ideale se vuoi ammirare alcuni dei panorami più spettacolari dello Sri Lanka. Si percorre infatti uno stretto corridoio montano che si inerpica fra colline e alture, attraversando maestose foreste, campi coltivati, piantagioni di tè, perfino boschi di pini man mano che si sale. Il treno procede a velocità ridotta, anche a causa del dislivello, e quindi consente una visione esauriente di tutto ciò che ci circonda. E permette di scattare foto uniche di questo angolo incantato del paese.

Peccato che non sia esattamente così. Racconto la vicenda perché sia da insegnamento. Non intendo scoraggiare l’acquisto di questa escursione, non è il mio scopo. Solo mettere in guardia su cosa può succedere e permettere di elaborare una strategia alternativa che non rovini tutto.

Partenza da Demodara (per anticipare gli altri…)

La prima tappa del trasferimento l’abbiamo compiuta in auto alla volta di Demodara. Non siamo quindi partiti da Ella, cittadina in cui alloggiavamo, ma siamo tornati indietro, alla stazione precedente. La ragione ci è sembrata subito condivisibile: a Ella si concentrava la maggior parte dei viaggiatori, sarebbe stato oltremodo difficoltoso trovare qualche posto a sedere. Perfetto, ci siamo detti, anche perché a Demodara non c’era quasi nessuno, a parte pochi viaggiatori locali e due coppie di russi. La nostra guida Antonio ci ha fatto i biglietti (il cui costo era di circa 60 centesimi) e ci ha dato appuntamento a Nanuoya, dove si sarebbe recato con macchina e bagagli.

Il baretto in terza classe

Arrivato il treno, prima sgradevole sorpresa. In seconda classe non c’è posto. Al contrario di quanto avevamo pensato – forse un po’ ingenuamente – tutti i posti sono occupati da cingalesi, saliti chissà dove e tenacemente intenzionati a mantenere la preziosa poltrona. I pochi turisti si scambiano occhiate un po’ scoraggiate e un po’ infastidite, ma fanno buon viso a cattivo gioco: la comune speranza, mai espressa a parole ma intuibile in ogni sguardo che ci scambiamo, è che il locali non siano lì per motivi “turistici”, ma prima o poi scendano e ci lascino il posto…

A Ella ogni speranza si infrange miseramente contro la marea di persone che invade il treno. Questa volta sono in maggior parte turisti stranieri, ma non mancano i locali e sopratutto orde di scolaresche in gita. Capiamo all’istante due brucianti verità: 1) non riusciremo mai a raggiungere un posto a sedere; 2) sarà un miracolo se riusciremo a non venire schiacciati dalla massa di gente che sta progressivamente invadendo il vagone. In pochi minuti, infatti, ci troviamo stretti, compressi l’uno all’altro, chi appiccicato contro una parete, chi imprigionato in un angolo fetido, chi quasi buttato fuori dalle uscite del treno (che sono tutte senza porte).

Stretti come sardine per 3 ore e mezza!

Tre ore e mezza in piedi

Daniela e Sergio, alla terza stazione si ritrovano praticamente in terza classe, bloccati tra un gruppo di turisti cingalesi e il corridoio tra le due carrozze. Di tutto il viaggio e degli spettacolari panorami all’esterno non vedranno nulla. Anzi, Daniela ingaggia in breve una furiosa battaglia a colpi di spintoni, pestoni e parolacce in romanesco con tre o quattro invadenti vicini cingalesi i quali, probabilmente a causa dell’eccessiva vicinanza, si sono permessi qualche libertà.

Io, dal canto mio, mi ritrovo in una posizione leggermente obliqua, non riuscendo a trovare un appoggio per un piede e dovendo tenermi con una mano ad un malcorrente. Paola, data l’altezza, è praticamente affondata in mezzo alla folla e si regge in piedi semplicemente per effetto della compressione dei corpi altrui. Di lei ho solo un contatto fugace, ogni tanto, che mi rassicura di non perdermela in mezzo a quel marasma di teste, corpi e abiti sudati.

Alla quarta fermata altra ondata di viaggiatori in salita. E nessuno che scende! Adesso lo spazio è davvero ridotto ai minimi termini. Comincio a notare segni di evidente insofferenza anche in quei turisti zaino in spalla che sembravano in precedenza più divertiti che affranti dalla situazione. Adesso anche loro hanno perso il sorriso di circostanza e si guardano intorno smarriti, forse chiedendosi come faranno mai a sopportare un viaggio di 2 ore e mezza in quelle condizioni!

I venditori ambulanti del treno

A peggiorare la situazione (o a stemperare la tensione, a seconda dell’umore) contribuisce il via vai continuo di venditori ambulanti di cibo e bevande. Questi personaggi, incuranti della calca e degli spazi esigui, riescono a muoversi per i vagoni piuttosto agevolmente portandosi dietro il loro pesante cesto pieno di merce. Sono davvero abili, visto che malgrado spintoni e scosse del treno riescono a non perdere mai la presa sul terreno e sopratutto a non rovesciare i loro fardelli. La pietanza più venduta – e devo dire, ad occhio, anche la più gustosa – è una specie di samosa fritto ripieno di verdure. Anche le arachidi appena tostate hanno un certo successo, specie tra i turisti stranieri. Mia moglie ne ha acquistato una confezione il cui consumo, tuttavia, si è rivelato terribilmente difficoltoso, dal momento che non avevamo mani libere a sufficienza per attingere dal pacchetto…

Spuntini da viaggio

Solo arrivati alla penultima fermata, dopo quasi tre ore di viaggio e ormai allo stremo delle forze, il treno ha iniziato a svuotarsi. Molti locali si sono riversati fuori lasciandoci lo spazio per poterci sgranchire finalmente braccia e gambe. Ma ormai lo spettacolo era passato. Ci trovavamo in una zona sensibilmente più antropizzata, dove si intravedevano anche piccole aziende e fabrichette artigianali. L’incanto della full immersion nella autentica natura di Sri Lanka – così come recitano le guide di viaggio – era ormai una occasione mancata. Stava irrimediabilmente alle nostre spalle e nessuno di noi avrebbe affrontato un nuovo viaggio in treno come quello appena compiuto pur di recuperare qualche ricordo o scatto fotografico.

Arrivo a Nanuoya

Quando siamo arrivati alla stazione di Nanuoya eravamo tutti e quattro più depressi che arrabbiati. In treno avevamo progettato chissà quali clamorosi gesti di protesta nei confronti della nostra guida, reo di non averci avvertito di quanto avremmo dovuto affrontare. Pensavamo perfino di non pagargli una parte del dovuto, a mo’ di risarcimento per quella che a noi sembrava una mancata realizzazione di una escursione programmata. Tuttavia, man mano che ci tiravamo fuori dalla confusione della stazione, i nostri intenti si sono progressivamente placati. In fin dei conti, pur con la dis- davanti, è stata una avventura anche questa, perché non riconoscerlo? Sì, ci avremmo provato a chiedere uno sconto, ma senza tuttavia insistere troppo (e infatti non l’abbiamo ottenuto!…).

Conclusioni

Ciò che resta di tutta questa vicenda è la nuda e cruda realtà. Il treno da Ella a Nanuoya non è più quell’incantevole trasferimento un po’ all’antica che viene descritto dai deplian turistici e dalle guide di viaggio. Adesso è un tragitto turistico come altri, e come tale risponde alle regole del turismo di massa. Gli stessi cingalesi la considerano una gita alla loro portata, tantevvero che non esitano ad acquistare anche i posti in seconda classe, quelli che una volta – ma sempre sulla carta – erano di esclusivo appannaggio dei turisti stranieri (dato il costo). In estate, inoltre, le scuole organizzano gite sulla tratta, e quindi i vagoni vengono presi d’assalto anche da vocianti e vivaci scolaresche composte da parecchie decine di unità.

Tutto ciò, si potrebbe obiettare, era ampiamente prevedibile. Bastava documentarsi prima su Internet. Io non l’ho fatto perché mi sono ciecamente fidato del giudizio della mia giuda locale, Manjula Wijesekera, peraltro uno dei più quotati su Turistipercaso e TripAdvisor. Ciò che gli rimprovero è semplicemente la mancanza di chiarezza al momento di proporre questo trasferimento, ovvero in sede di progettazione del viaggio. Bastava avvertirci che in quella stagione sarebbe stato oltremodo complicato riuscire a trovare un posto libero. Poteva darci una soluzione alternativa, come per esempio acquistare online il posto in prima classe. Non ha fatto né l’una né l’altra cosa.

Una guida che si rispetti, tuttavia, dovrebbe anche offrire consigli e suggerimenti, oltre che semplici itinerari e tappe di viaggio, a mio modo di vedere. In fin dei conti si tratta dell’unico vero esperto del paese che stiamo per visitare, quindi la persona su cui riponiamo la nostra piena e incondizionata fiducia. Non mi pare una incombenza eccessiva.

 

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