L’attrazione principale di Kanazawa è il giardino Kenrokuen, un lussureggiante parco dove la perizia e la fantasia dei botanici giapponesi si scatena da secoli. In origine era un giardino privato, come molte altre meraviglie di questa nazione, gelosamente custodito dal signorotto locale e mantenuto inaccessibile nei confronti degli estranei; in seguito fu messo a disposizione della cittadinanza ed è arrivato fino ad oggi pressoché invariato.
Si tratta quindi di un grande spazio verde, prospiciente il castello (ricostruito), che accoglie al suo interno una serie di ambienti molto vasti e ben curati. Ognuno è caratterizzato da bellissime piante e da altri elementi ornamentali, sopratutto ruscelli e cascate, disposti secondo gli insegnamenti della scuola di pensiero – di cui ho parlato altrove – per cui l’uomo doveva piegarsi alla natura, e non l’opposto, lasciando ad essa il compito di creare bellezza e armonia.
Il giardino, fedele a questa idea, è davvero spettacolare: se non fosse per una estrema attenzione alla potatura della più infinitesima fogliettina, si direbbe frutto della creazione spontanea della natura. In alcuni punti la vegetazione è lasciata volutamente rigogliosa, selvaggia, arruffata quasi, ma sempre nei limiti rigorosi del contesto, senza mai raggiungere né sfiorare un viottolo, una casetta, un cassonetto o una panchina, ovvero i luoghi frequentati dai bipedi umani.
La passeggiata, pertanto, risulta rilassante, divertente, ricca di sorprese, di angoli deliziosi, luoghi appartati, spazi monumentali, scorci da libro delle fiabe. Vale la pena dedicare un paio di ore del proprio tempo a questo posto, rilassarsi, guardare le mille sfumature che il verde può acquisire in uno dato spazio, ascoltare il suono delle fronde e dei ruscelli… e ammirare le guide giapponesi che camminano al contrario…
Sì, perché ad un certo punto della visita, quando la foga del fotografo s’è chetata e ci si guarda semplicemente intorno, mi sono accorto di un fenomeno quantomeno straordinario. Alcune guide turistiche, tutte ragazze, precedendo gruppi di anziani locali a cui descrivevano le meraviglie del giardino, procedevano al contrario, cioè camminavano dando la schiena alla strada. E questo con una perizia al limite dell’equilibrismo, senza mai inciampare, seguendo solo d’istinto le curve e i dossi che i viottoli presentavano…
Una cosa che mi ha lasciato a bocca aperta, tanto da perdere l’occasione di immortalarla con una foto (che però non avrebbe dato l’idea) o con un breve filmato. Pensavo sinceramente che fosse un caso isolato, dovuto alla capacità di una singola signorina, ma dopo qualche minuto ecco che ne appare un’altra, e anch’essa – ma con maggiore circospezione – camminava all’indietro, almeno per i tratti in linea retta.
L’attesa di veder ricomparire un altro gruppo ha relegato in secondo piano il motivo per cui eravamo lì. Oggi del famoso giardino Kenrokuen mi è rimasto un ricordo abbastanza sfumato, indistinto, genericamente “verde”; mentre al contrario mi ricordo benissimo di quelle gentili signorine, carine, gentilissime, tutte vestite in tailleur grigio e con i capelli raccolti dietro la nuca, che camminavano al contrario come i gamberi.