Il giardino giapponese, in qualsiasi sua espressione, è una esperienza che nessun turista dovrebbe farsi sfuggire. E’ l’ennesima sfaccettatura di una cultura che riesce a ricavare il bello e l’armonia anche dai sassi o dalle piante più insulse. Tralasciare questo aspetto, per un viaggiatore, equivale a compiere un sacrilegio, lo posso assicurare.
Da quanto abbiamo capito, leggendo le guide e andando in giro per giardini in quasi tutte le città in cui siamo stati, i giardini giapponesi sono di vario tipo. Ad un occhio meno attento – e soprattutto non adeguatamente informato dalle giuste letture – ogni giardino sembra identico a tutti gli altri: sentieri, piante ben potate, pietre disposte artisticamente qua e là, alberi di varie specie, fiori, prati, laghetti, cascatelle e fiumiciattoli artificiali, graziosi ponticelli… Eppure non è così. Sembra infatti che esistano 4 tipologie di giardini, distinti l’uno dall’altro da regole molto rigide.
Il più diffuso, specie se lo spazio lo consente, è quello in cui l’elemento centrale è lo stagno, e tutto viene disposto attorno ad esso cercando di rispettare il naturale sviluppo delle piante. Qui l’intervento umano è ridotto al minimo, ai sentieri che lo attraversano e poco altro, perché la filosofia pare essere quella di non alterare ciò che la natura sa fare benissimo da sola.
Il secondo tipo, molto diffuso in città come Kyoto, è il giardino delle case da tè, che poi si può trovare anche nelle abitazioni più prestigiose, come le antiche case dei samurai a Kanazawa. Il giardino qui è molto affollato, soprattutto di pietre e lanterne sacre, e le piante sembrano ridotte a dimensioni più consone allo spazio disponibile. Il laghetto è quasi una pozza, la cascatella è poco più di una fontanella, il sentiero viene spesso ricavato con dei lastroni di pietra che affiorano appena dal prato, invariabilmente rasatissimo. Alcune abitazioni private hanno in meno di 20 metri quadrati una vera esplosione botanica che lascia senza fiato, e più di una volta siamo rimasti con la bocca aperta di fronte a tanto concentrato di armonia.
Il giardino più scenografico, tuttavia, è quello “a collina”. Qui la filosofia è la seguente: questa volta è l’uomo che piega la natura ai suoi voleri e alle sue esigenze, a tal punto da costruire apposta una collina artificiale su cui disporre alberi, arbusti, fiori, ruscelli e cascate. Niente è lasciato al caso, ogni più piccolo elemento viene scelto con cura e collocato nel luogo giusto con pignoleria estrema; la più insignificante fogliolina viene considerata come un importante elemento scenografico e trattata di conseguenza. Questo tipo di giardino, pur essendo artificiale, risulta alla fine il più gradevole: un interno ecosistema, una collina completa di tutto, è riprodotta in pochi metri quadri, comprese le impressionanti repliche in miniatura di foreste lussureggianti e cascate tumultuose.
Infine, esiste anche il giardino zen, o “secco”, composto da ghiaia, ciottoli, pietre e pochi arbusti, dedicato principalmente alla medicazione. Ne ho parlato in un altro post, quindi non aggiungo altro.