Il luogo simbolo della civiltà egizia è la piana di Giza. Ovvero le tre Piramidi di Cheope, Chefren e Micherino e la Sfinge. E un numero ragguardevole di monumenti minori ma altrettanto importanti. La visita a questa area, che posso assicurare è molto più vasta di quanto si creda, richiede molto tempo, pazienza e buone gambe. Se il periodo è quello estivo, allora è necessaria anche una buona dose di coraggio, perché il caldo torrido è in grado di rovinare la giornata.
Ma come affrontare questa prova così impegnativa? Con quali mezzi intraprendere l’escursione, dando per scontato che le proprie gambe, con una temperatura di oltre 40 gradi all’ombra, non sarebbero all’altezza del compito? Ebbene, a Giza ci sono almeno tre modi alternativi ai mezzi propri. Il primo è il più tradizionale e folcloristico, per non dire scontato: il dromedario. Il secondo è più romantico e divertente, ma altrettanto seducente: il cavallo. Per i meno abbienti – in genere turisti egiziani con poche pretese – esiste anche la terza possibilità, sensibilmente meno cara delle altre due: l’asino.
Girare a piedi
Ma veniamo a descrivere pregi e difetti di ogni mezzo di locomozione. Iniziando, ovviamente, dai propri piedi. Che ho subito scartato perché, a giugno, il caldo è davvero troppo soffocante per andare spensieratamente in giro tra dune e pietre roventi. Senza peraltro trovare quasi mai uno straccio d’ombra. Resta comunque un sistema molto diffuso per muoversi all’interno dell’area archeologica. Ho visto centinaia di turisti, quasi tutti del Nord Europa, che incuranti di caldo e insolazioni, intraprendevano la prima fase della visita, ovvero una lunga salita verso le prime piramidi, abbigliati di un semplice cappellino e di abbondante crema solare. Nel giro di pochi metri ho notato che molti iniziavano a rallentare, a spostarsi verso i bordi, dove i muretti proiettavano minuscole ombre, a sedersi per bere a grandi sorsi dalle bottigliette d’acqua… La prima rampa, in effetti, è quella più dura, perché è solo un trasferimento dalla biglietteria ai primi monumenti. Fermarsi qui sarebbe inutile; tornare indietro non si può; non resta che andare avanti.
Arrivati davanti alla prima piramide (mi pare sia quella di Chefren), ci si accorge che siamo solo all’inizio. Le tre costruzioni sono enormemente più grandi di quanto si potesse immaginare, guardandole da lontano. E’ come se aumentassero di volume e di altezza ad ogni passo di avvicinamento. Di conseguenza, anche la distanza tra di esse aumenta in modo esponenziale. Cosicchè, una volta arrivati davanti alla prima piramide e iniziato il giro attorno ad essa, ci si rende conto che occorre esporsi ad un’altra camminata di almeno un quarto d’ora, sotto l’implacabile sole africano, per raggiugere la prossima. E così via con il resto dei monumenti.
Per chi è davvero allenato e non teme colpi di calore, passeggiare liberamente tra le attrazioni più celebri dell’Egitto e del mondo intero è comunque una grande soddisfazione, e non deve essere scartata a priori. Per costui la raccomandazione è piuttosto semplice: abbigliarsi in modo leggero, munirsi di creme solari e occhiali da sole, coprirsi la testa con un cappello traspirante, meglio se a larghe tese. Quanto alle calzature, vanno bene le scarpe da trekking leggere o anche i sandali. In quest’ultimo caso, però, consiglio di cospargere la crema solare anche sul dorso dei piedi, altrimenti la bruciatura è assicurata.
Muoversi con il dromedario
Il secondo sistema più in voga – dopo il fai da te rappresentato dalle proprie gambe – è il dromedario. I turisti di ogni parte del mondo lo reputano forse il modo più autentico, genuino, di visitare i monumenti; ignorando evidentemente che il dromediario, ai tempi degli egizi, non esisteva affatto! Non almeno in questa parte del mondo. Ma non importa. Il fascino di issarsi sull’unica gobba di un cammello addomesticato vale qualsiasi forzatura storica…
I dromedari tuttavia non sono a disposizione come le biciclette a noleggio. Vengono gestiti da cooperative ben organizzate di cammellieri locali i quali, davanti agli ingressi della piana, subito dopo la biglietteria, iniziano ad assillare i turisti per convincerli ad acquistare il servizio. Che, ovunque si cerchi, è sempre dello stesso tipo: un giro in cammello, le tre fermate canoniche davanti alle piramidi, ritorno indietro con sosta alla Sfinge. L’itinerario, quindi, è ormai consolidato e pochi offrono qualche deviazione interessante, come la visita alla struttura che contiene la Grande barca del Faraone. D’altronde, si sa, più è compresso il giro, più turisti si possono caricare nel corso della giornata…
Il dromedario è senza dubbio il mezzo ideale per andare in giro sulla sabbia e sulla ghiaia polverosa della piana. Eppure devo dire che non è proprio il mezzo più comodo in assoluto. Sfido chiunque l’abbia provato a giurare che è comodo! In Egitto si cavalca “dietro la gobba”, stando quindi a cavalcioni con la gobba dell’animale piazzata davanti al proprio stomaco. E’ evidente che tale postura mette in crisi anche i più stoici. Alla oggettiva scomodità della posizione bisogna aggiungere la particolare andatura dell’animale. Il suo incedere lento, ondulante, con frequenti scivolate delle zampe posteriore sulla sabbia soffice, amplifica il senso di vertigine generale (l’animale è molto alto). Rendendo di fatto la passeggiata una specie di tortura. Non è un caso che molti turisti chiedano di scendere spesso, magari con la scusa di voler scattare qualche foto o mettersi all’ombra. Sospetto piuttosto che sia il bisogno di ritrovare la terra sotti i piedi.
Il cavallo e l’asino
I due animali più vicini alla tradizione di locomozione egiziana sono il cavallo e l’asino. Il secondo più del primo, in verità, visto che per l’asino la documentazione fossile è precedente alla civiltà egizia. Il cavallo, arrivato qui dalla Mezzaluna fertile nell’età del bronzo, è invece il mezzo di trasporto più comodo e veloce. Da queste parti è probabilmente di razza araba, dal momento che è più piccolo della media. Chi possiede qualche rudimento di equitazione predilige ovviamente questa soluzione. Per chi è invece completamente a digiuno, il cavallo è l’unica scelta ragionevole se l’intenzione è quella di fare un giro rapido e, al contempo, evitare i giramenti di testa prodotti dal cammello.
Come si intuisce dall’immagine principale di questo articolo, io e mia moglie abbiamo scelto il cavallo. E per noi era la prima volta in assoluto che salivamo in groppa ad un animale più alto di un pony. Del resto, lo abbiamo scelto di comune accordo. Di cammelli a una o due gobbe ne avevamo piene le tasche. Le precedenti esperienze in Tunisia e in Marocco, per non dimenticare quella nel deserto del Thar in India, ci avevano lasciato strascichi poco piacevoli. Meglio evitare di ripetere l’errore. I cavalli che ci hanno destinato, peraltro, sembravano docili e amichevoli. Non hanno reagito minimamente neppure ai nostri goffi tentativi di salirci in groppa.
Per i novizi, quindi, non ci sono difficoltà di alcun tipo. Le bestie vengono legate l’uno all’altro e condotte in ordinata fila indiana dal capo-carovana. L’accompagnatore si mette in testa alla colonna e regge tutte le cordicelle. Non c’è bisogno neppure di saper utilizzare redini e calcagni: ogni cavallo è abituato a seguire la coda di quello che lo precede e tutto fila liscio. I più esperti, invece, sono liberi di scorazzare per la piana a proprio piacimento – sollevando naturalmente l’invidia di chi non può farlo…
Mia moglie Paola, in verità, avrebbe preferito l’asino. Il cavallino berbero, per quanto minuto, le sembrava ancora troppo grande, grosso, alto e spaventoso. Poi si è abituata e alla fine, paradossalmente, non voleva più scendere di groppa!…