L’arte di arrangiarsi in Egitto

Riconosciamolo: il turista è visto un po’ dovunque come un pollo da spennare. Condizione che lo marchia a sangue, lo rende assai appetibile e spinge qualche individuo a comportasi di conseguenza. Ma si sa: dove la situazione socio-economica è difficile, è lì che in genere aumentano i rischi di essere anche truffato, se non peggio. L’Egitto, da questo punto di vista, non gode di una buona fama; tuttavia, piuttosto che di comportamenti illeciti, parlerei piuttosto di soluzioni creative, frutto della necessità e della capacità di saper sopravvivere così tipica delle popolazioni mediterranee.

In Egitto, l’arte di arrangiarsi si manifesta principalmente nel vendere al turista qualcosa di cui non ha minimamente bisogno. E’ praticata a tutti i livelli: dai grandi negozi ai più insignificanti venditori ambulanti, con regole e criteri che si discostano poco tra di loro. Non è proprio una truffa, beninteso, ma un’operazione di adescaggio e progressivo lavaggio del cervello atto a convincere il malcapitato che si è in possesso di qualcosa che lui non potrà fare a meno di desiderare – e quindi di acquistare. Finchè si tratta di profumi, stoffe più o meno preziose, opere di artigianato locale, allora non c’è motivo di preoccuparsi. Al più, potremmo scoprire, una volta tornati a casa, che il grazioso oggettino acquistato in un mercato locale è stato realizzato in Vietnam…

Di seguito, alcuni esempi di attività “truffaldine” in ordine crescente di illiceità.

I venditori di oggetti antichi

E’ la truffa per eccellenza in Egitto – del resto molto simile a quanto accade in Tunisia e anche in Italia. La situazione tipo è la seguente: ti si accosta un individuo, invariabilmente con fare misterioso, che estrae da sotto la tunica la famosa moneta romana appena trovata in qualche sperduta zona archeologica; oppure l’autentica statuetta di Iside risalente addirittura alla XVII dinastia… I venditori di tali tesori si incontrano presso i siti archeologici, ai margini del commercio legalizzato. Si aggirano tra i turisti, impegnati a districarsi tra souvenirs e venditori di bibite ghiacciate, e quasi sempre portano con sè solo qualche campione della loro mercanzia, presumibilmente per restare leggeri e sfuggire più agilmente alla polizia turistica. Pochi danno loro retta, in realtà, ma c’è sempre qualcuno che cede alla lusinga di possedere un oggetto di antiquariato rarissimo.

Non definirei questa una truffa. Sì, d’accordo, l’oggetto in questione è un falso, realizzato alla bell’e meglio in qualche scantinato del Cairo, però il suo prezzo non è da reperto archeologico. Per poche decine di dinari te lo puoi portare a casa. Piuttosto, se c’è qualcuno che crede davvero che si possano trovare monete antiche e statuette in mezzo al deserto, in attesa solo di essere raccolte come patate in un campo, allora costui merita di essere truffato, assolutamente. Anzi, dirò di più: dovrebbe essere arrestato per la sua colossale stupidità.

Una guida improvvisata

Altra forma di truffa, anche questa senza particolari conseguenze, è quella del signore che si accosta a turisti, apparentemente spaesati, per offrire indicazioni e consigli. Si presenta sempre in modo impeccabile: è gentile, sa parlare un inglese fluente, è premuroso e soprattutto, si spaccia quasi sempre per un professore universitario o un esperto di questa moschea o quel museo. Cosa che lo rende particolarmente indispensabile, specie se ci siamo appena persi o non abbiamo idea di cosa stiamo guardando. Il tipo inizia a dar sfoggio della sua competenza e ci invita a seguirlo perché lui – e lui solo, in tutto l’Egitto – ci può far vedere qualcosa di veramente unico. Che fai? Non lo segui senza emettere neppure un fiato? Lo segui.

In breve, i discorsi del signore iniziano a prendere una nuova piega. Comincia a parlare di sé, della sua famiglia, di come è diventato difficile procurarsi il pane quotidiano in Egitto o delle spese esorbitanti per far studiare i figliuoli. Il discorso scivola pertanto su un evento drammatico, o comunque molto penoso, che può essere l’imminente matrimonio della figlia prediletta, le cure per la madre malata in una clinica privata costosissima, le spese per estinguere un mutuo… Non c’è limite alla variabilità di eventi catastrofici ai quali attingere pur di indurre il turista a compassione. Sì, perché alla fine lo scopo di tutto ciò è la richiesta di denaro. Ma non come atto di carità, per beneficenza. No davvero. D’altronde il tipo non accetterebbe mai soldi in questo modo.

Piuttosto, sarebbe più dignitoso pagarlo per il servizio di guida improvvisata che sta compiendo. La cifra, ovviamente, è a nostra discrezione, salvo poi storcere il naso se i nostri dinari gli sembrano pochi… Che dire? A mio avviso il confine tra servizio e truffa è indistinguibile. Sì, è vero, il più delle volte non abbiamo minimamente bisogno di una guida, men che meno di sperperare i nostri soldi per ottenere informazioni che sappiamo già o possiamo leggere sulla Lonely Planet. Tuttavia, a volte la semplice compagnia di un locale può essere estremamente utile, specie se ci troviamo in posti piuttosto ambigui.

Il negozio dell’amico

Una variante a tale schema non prevede la cessione diretta di denaro in cambio di un servizio, ma l’invito a entrare in un negozio di un amico/parente con la prospettiva di acquistare qualcosa. Il tipo che aggancia i turisti, nella maggior parte dei casi, è solo un procacciatore di affari, che guadagna una percentuale sugli oggetti effettivamente venduti. Più turisti porta in negozio, più aumentano le sue entrate personali. Il negoziante, da parte sua, riesce a far affluire potenziali clienti anche in momenti di magra o, come accade spesso nei centri turistici ad alta concorrenza, se l’esercizio commerciale si trova un po’ fuori mano.

In realtà non è proprio scontato che il turista ceda a questo tipo di richieste. Anzi, tutt’altro. Per questo è necessario ricorrere a qualche strattagemma. Nel mio caso, per esempio, un signore ci ha intercettati presso piazza Tahrir, al Cairo, accorgendosi della nostra difficoltà a individuare la fermata della Metropolitana. Si è offerto di guidarci, noi lo abbiamo seguito, pensando che tanto, di lì a poco, lo avremmo ringraziato e congedato. Invece ci siamo trovati, quasi senza rendercene conto, a camminare in un dedalo di viuzze che conducevano tutte, invariabilmente, presso l’entrata di un grande emporio di profumi. Ovviamente di proprietà di un cugino della nostra irreprensibile guida. Che si è dileguato subito, non appena completata la consegna… Che dire: abbiamo fatto buon viso a cattivo gioco, come si suole dire, e tra un tè alla menta e qualche pasticcino, graziosamente offerto dal padrone di casa, alla fine abbiamo anche acquistato un paio di profumi, peraltro di ottima qualità.

Il cambio monete

Una attività decisamente più sbilanciata sul versante della truffa vera e propria, è quella che viene perpetrata ad Assuan. Vieni abbordato da un giovane, che parla anche qualche parola di italiano, che si presenta come una guida locale. Ci assicura subito che non vuole venderci alcunché. Ha solo bisogno di un favore: ovvero di cambiargli degli euro in moneta che gli hanno dato i turisti come mancia. Afferma che non può recarsi in banca a cambiarli perché le banche egiziane non accettano monete straniere.

Il giovane ci mostra anche l’oggetto dello scambio: una manciata di monete da 1 e 2 euro tintinnanti. Che guarda caso fanno sempre la somma di 20 euro. Per lui sono un peso, per noi, in sostanza, si tratta sempre di denaro che possiamo spendere liberamente una volta tornati in patria. Dove sta l’inghippo? Sembra che queste monete siano in gran parte false. O comunque non sono euro, ma monete di altre parti del mondo che gli assomigliano molto. Ma anche se fossero euro autentici, se da una parte è plausibile che le banche egiziane non le accettino, è altrettanto vero che è possibile cambiarle presso un’agenzia della Banca Centrale, oppure presso i cambiavalute. Quindi il soccorso del turista è inutile.

Le bancanote bagnate

L’altra variante – e questa l’abbiamo sperimentata di persona – è la storia delle bancanote Euro bagnate. In pratica il truffatore di turno ci chiede il favore di cambiargli, in dinari locali, una bancanota da 10 o 20 euro dimenticate nelle tasche dei jeans durante il lavaggio in lavatrice. Una volta asciugate, risultano a suo dire irriconoscibili, e quindi nessuna banca le cambierebbe in valuta locale. Il turista proveniente dall’area dell’Euro, invece, non dovrebbe avere difficoltà a utilizzarle una volta tornato a casa.

Anche qui la truffa è evidente. Le bancanote Euro non si rovinano con l’acqua, né sbiadiscono, come quelle che il tipo ci mostrò ad Assuan nel 2012. Si tratta di falsi, neppure realizzati bene, che vengono utilizzati per muovere a compassione lo sprovveduto del momento ed estorcergli l’equivalente  – approssimato per eccesso – in dinari egiziani.

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