La Mappa di Madaba, la prima carta geografica del Medio Oriente

La geografia è parte essenziale della storia. Anzi, si può dire che ne determina ogni aspetto, visto che il 90% dei conflitti mondiali avviene, di regola, per il possesso o la riconquista di un territorio. Dall’alba dei tempi l’uomo ha cercato di rappresentare il territorio in modo da renderlo universalmente riconoscibile e condivisibile. Lo ha fatto creando delle riproduzioni ideali della realtà che lo circondava, dagli immediati dintorni alle galassie più lontane: le “mappe”. All’inizio erano semplici linee che congiungevano punti; in seguito si sono evolute a tal punto da poter calcolare non solo la distanza fra questi punti ma ogni aspetto della natura fisica che ci circonda, sulla Terra e altrove. Una storia affascinante, quella della cartografia, per cui consiglio di leggere “La storia del mondo in 12 mappe“, un libro davvero esauriente sotto tutti i punti di vista.

La Mappa di Madaba è uno dei più straordinari sforzi dell’umanità di riprodurre in modo analitico la geografia di un territorio. E confesso che, avendone letto qualcosa prima di partire, era il mio primo obiettivo di viaggio in Giordania. Non è una cartina geografica ma bensì un mosaico pavimentale che si trova nella chiesa di San Giorgio a Madaba. Essa raffigura una parte del Medio Oriente che corrisponde, più o meno, agli attuali territori di Libano, Israele e Giordania, con qualche accenno anche a Egitto, Siria e Mediterraneo. E’ la più antica rappresentazione cartografica originale sopravvissuta della Terra Santa, visto che risale al VI secolo dopo Cristo, in piena epoca bizantina.

La facciata della Chiesa di San Giorgio

La Chiesa di San Giorgio, come tutte le chiese ortodosse, non è aperta sempre, come avviene per le chiese cattoliche. Le visite sono permesse solo in determinate ore del giorno e contingentate per gruppi di 15-20 persone. Solo così è possibile dare a tutti la possibilità di godere del mosaico in tutta la sua maestosità. Di conseguenza, è bene prepararsi a sopportare un po’ di fila, come si vede nell’immagine sopra. Inoltre, quando ci siamo andati noi era in corso il restauro di tutte le navate, e molti arredi o affreschi erano stati coperti da teloni di plastica o circondati da impalcature. Cosicché  gli spazi a disposizione risultavano ulteriormente ridotti, causando notevoli resse davanti ai cordoli che delimitavano il mosaico.

Il mosaico, come si vede nella riproduzione della immagine di copertina, non è completo. Gran parte di esso è stato irrimediabilmente perduto a seguito di terremoti e altri disastri più o meno naturali. Probabilmente ricopriva l’intero pavimento della chiesa, e allora chissà quali altre parti del mondo conosciuto (di allora) si potevano ammirare… Ciò che resta, tuttavia, è sufficiente a farsi un’idea di come gli antichi abitanti della Palestina immaginassero la geografia di questi luoghi e di altri, ben più distanti. Tenendo presente una premessa indispensabile: la mappa, contrariamente ai nostri canoni di orientamento, non è disposta da nord a sud, ma da est a ovest. Per leggerla correttamente, cioè, bisogna girarla in senso orario di 45 gradi, ricollocando il nord in alto.

Un particolare della Mappa con Gerusalemme

Sono molti gli elementi riconoscibili a prima vista: il Mar Morto e il fiume Giordano che si getta in esso; il delta del Nilo, alla sua estremità destra; e quasi tutte le località bibliche celebri: Betlemme, Gerico, il deserto del Moab, Damasco, Ascalona, ecc.. Ogni elemento della mappa è etichettato con cura, in greco, quasi per rendere più semplice l’orientamento dei pellegrini che arrivavano a Madaba e proseguivano per gli altri luoghi santi. Una vera cartina stradale, insomma, visto che anche le vie di comunicazione sono riprodotte abbastanza fedelmente.

Al centro ideale della mappa (e al centro del mondo cristiano di allora) si vede Gerusalemme (greco: ΙΕΡΟΥΣΑ[ΛΉΜ]). La sua rappresentazione topografica è molto più dettagliata rispetto agli altri elementi della Mappa, perché si possono intravedere chiaramente alcune delle strutture più rappresentative della città bizantina del VI secolo: le alte mura che la circondavano, la Porta di Damasco, la Porta dei Leoni, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Torre di Davide, ecc. Insomma, si tratta di una vera e propria fotografia aerea (seppur ideale) di come appariva Gerusalemme ai tempi dell’impero romano d’Oriente.

Altra curiosità: il Mar Morto è immediatamente riconoscibile ma presenta alcuni aspetti controversi. Sul suo affluente Giordano si vedono due pesci che nuotano verso sinistra, ovvero in direzione opporta alle acque del Mar Morto. Cosa plausibile, visto che il Mar Morto è letale per qualsiasi organismo animale e vegetale, data la sua grande concentrazione di sale. Ma ecco che in mezzo al Mare si notano due barche da pesca (le figure dei pescatori sono state rovinate apposta, durante il periodo inconoclasta, quando era proibito raffigurare uomini e animali). Se il Mar Morto era allora – come oggi – un mare sterile, che ci facevano due barche da pesca sulle sue acque? Forse allora il Giordano era più grande e riusciva a riempire il bacino di una percentuale tale di acqua dolce da rendere possibile la vita?

 

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