Un dolce alla gelatina… che non è dolce

I cinesi, si sa, possono vantare una gastronomia tra le più varie e prelibate della terra. Nessuno potrà discutere la raffinatezza dei wanton, o la delicatezza dei vermicelli in brodo, o l’esuberanza del manzo al pepe del Sichuan. Eppure c’è un settore  in cui i cinesi arrancano, per usare un eufemismo: il dolce.

Non che non possiedano, anche lì, decine e decine di tipologie di dolciumi, di tutte le forme e i colori, tutt’altro. L’elemento distintivo di qualsiasi dolce cinese è che non è dolce. O comunque che non lo è mai abbastanza. Sembra quasi che un alimento, in Cina, possa definirsi dolce solo perché non è salato. Il grado di dolcezza, pertanto, non è caratterizzante: alcuni manicaretti, dall’aspetto a volta piuttosto allettante, sorprendono per la quasi assoluta mancanza di gusto.

Il dolce che provoca il maggiore sconcerto è quello che viene spacciato come dessert. Facciamo uno sforzo di immaginazione: siamo in un locale tradizionale, abbiamo mangiato bene, anzi benissimo, siamo passati dalla pasta alla carne al pesce alle verdure nel corso dello stesso pasto; è proprio il momento di pulire il palato con un bel dolce, come faremmo in Italia. Il cameriere ci porta il menu in cui sono evidenziati, nelle pagine finali, tutte le specialità dolciarie del ristorante. Ogni piatto, come d’abitudine, viene fotografato magnificamente e risulta obiettivamente delizioso. Opere d’arte, certo, trionfi di elementi e di colori dalle forme eleganti e pulite… ma sono sempre dolci cinesi. A questo punto, chi ha già esperienza, declina gentilmente e preferisce deviare sull’immancabile cappuccino, o sulla grappa di rose. Chi è novizio della cosa, invece, sceglie quello che sembra meno strano e si sottopone alla prova.

Io e mia moglie abbiamo fatto spesso la scelta sbagliata. Non per masochismo o autolesionismo. Diciamo per dare l’ennesima chanche alla degustazione. Il dolce in esame, quello della foto, è l’ultimo della serie. L’abbiamo assaggiato a Shanghai, in un localino senza molte pretese della città vecchia, aspettando che venisse la sera per dedicarci a ben altro pasto. La pietanza è tipica di Hong Kong, mi diceva Guido, ma ha un gran successo in tutta la Cina. Si tratta di un mix di palline gelatinose trasparenti immerse in una broda di latte di riso (o di cocco, non ricordo) insieme a pezzi di mango e ghiaccio. A richiesta si può irrorare il tutto con dello sciroppo.

A parte lo sciroppo, che rasenta le vette della dolcezza dei peggiori donuts americani, tutto il resto è perlomeno sciapo. L’unico ingrediente che emerge come sapore è il mango, per ovvi motivi, ma la presenza di quelle viscide e molli palline gelatinose rende ogni boccone piuttosto disgustoso. Malgrado la riluttanza che cresce ad ogni cucchiaiata, occorre sbrigarsi a mangiarlo: nel momento in cui il ghiaccio si scioglie la pietanza perde anche il poco sapore che aveva. Detto per inciso: nessuno dei tre (compreso Guido) lo ha finito.

In definitiva, consiglio una strategia alternativa. Hai la bocca impastata di salsa di soia, fritto, marinatura, roba piccante? Esci e vai in un supermercato. Troverai i nostri gelati industriali confezionati. Ecco, quelli sì che sono dolci e danno soddisfazioni!

 

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