Viaggiare al tempo del coronavirus

Viaggiare al tempo del coronavirus equivale oggi a proferire una bestemmia, diciamocelo chiaramente! O volendo essere più delicati, si tratta di un controsenso, una contraddizione in termini: come si fa a viaggiare quando si è costretti a rimanere all’interno delle proprie mura domestiche? Il verbo stesso “viaggiare” dovrebbe essere abolito dal dizionario per decreto legge fino a nuove disposizioni…

Pensare ai viaggi di questi tempi, dunque, è doloroso quanto un pugno in pieno petto. E’ una riflessione sterile e perfino dannosa, perché ti trovi a fare i conti con una situazione su cui non hai più il minimo controllo. E l’idea di non partire è più straziante specie per chi, come me, aveva già organizzato nei minimi dettagli il prossimo viaggio estivo… E invece… ci si trova a immaginare l’inimmaginabile: ovvero, come trascorrere quei preziosissimi 16 giorni estivi in modo alternativo.

Tuttavia, non penso possa esistere un vero viaggiatore che tolleri il pensiero angosciante di non poter partire. Magari si aggrappa alla speranza, ormai francamente ridotta al lumicino, che un miracolo, prima o poi, avvenga. Che questo maledetto virus che non accenna a darci tregua, finalmente incominci a rallentare, a perdere efficacia, ci consenta di vedere in fondo al tunnel la luce. E’ una speranza idiota, lo so, perché le pandemie come questa non si esauriscono in pochi mesi. Certo non nei mesi che rimangono all’inizio dell’estate. Quindi perché torturarsi?

La mia personalissima previsione è la seguente: ancora un paio di settimane – terribili – e arriveremo al picco, in Italia, beninteso. Poi inizierà finalmente la conta al contrario di infettati e morti. Sarà lenta, lentissima, costellata ancora di divieti e situazioni emergenziali. E non basteranno i pochi mesi che ci separano da agosto, temo, per arrivare a una piena normalizzazione.

Inoltre, è molto probabile che dovremo fare tutti un vaccino. Questo vaccino sarà il futuro “lasciapassare” che ci consentirà di attraversare le frontiere e i controlli quanto e più di un regolare passaporto. I paesi che ci ospiteranno, cioè, penso richiederanno un attestato ufficiale di salute prima di farci entrare. Una sorta di libretto sanitario, in cui sia riportato, senza alcun dubbio, che siamo sani al 100%. Quindi o la certificazione vaccinale o il responso negativo al test del tampone. O magari tutti e due, per i paesi più diffidenti…

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