Il primo impatto pratico con un paese estero è quasi sempre legato alla comprensione e all’utilizzo della sua valuta. Riconoscere i tagli delle bancanote, capire come è organizzata la monetizzazione, assegnare un valore di riferimento rispetto alla propria valuta, sono tutte azioni che compiamo spesso istintivamente, ma che sono fonndamentali per evitare future incompresioni e truffe. Non sempre però queste operazioni risultano agevoli. Ci sono paesi nei quali il valore di una bancanota o di una moneta viene espresso in caratteri locali, compresi i numeri (vedi Giappone, paesi arabi, India). Capire immediatamente a cosa corrispondono quei misteriosi segnetti potrebbe salvarci da malintesi e cantonate madornali. Per questo suggerisco un minimo di documentazione preliminare prima di affrontare la questione in loco.
Per quanto riguarda l’India, la circolazione monetaria è piuttosto semplice e segue le regole standard di quasi tutti i paesi industrializzati dell’Occidente. Le bancanote sono facilmente riconoscibili per il colore e mostrano il valore espresso sia in numeri indiani che arabi. Quindi non ci sono problemi nell’utilizzarle. I tagli sono tipici di una economia in espansione ma non ancora in grado di sostituire le bancanote di poco valore con le monete. Per questo esistono ancora – e sono ampiamente utilizzati – i tagli da 10 e da 20 rupie che, al tasso di cambio odierno, valgono rispettivamente 0,12 e 0,24 euro. Voi non ci farete nulla, ma posso assicurare che queste bancanote sono in grado di coprire gli acquisti di beni primari in quasi tutti i mercati del paese.
Tutte le banconote indiane attualmente in circolazione appartengono alla serie “Mahatma Gandhi”, con il suo ritratto visibile sul lato frontale. Sul retro, invece, sono rappresentati i monumenti e le attrazioni naturali più celebri dell’India. I tagli più diffusi sono quelli da 50, 100, 200 e 500 rupie. Non esistono tagli più grandi, se si esclude quello da 2000 rupie, ancora in circolazione ma non più stampata dal 2019. Ma si tratta di una eccezione, che risale alla cosiddetta “demonetizzazione“, un provvedimento legislativo del 2016 che ritirò dalla circolazione tutte le bancanote da 500 e da 1000 rupie con lo scopo dichiarato di combattere la corruzione dilagante e favorire la digitalizzazione. Tutti i cittadini furono costretti a recarsi in banca e depositare le bancanote in questione, ottenendone altre, di più piccolo taglio e appunto la nuova bancanota da 2000 rupie. Per farla breve, la manovra del governo indiano non ottenne i risultati che si prefissava. La corruzione non fu sconfitta, il riciclaggio continuò imperterrito, i pagamenti elettronici rimasero una chimera e le fasce pià svantaggiate della popolazione, quelle che operavano in una economia “informale”, e quindi basata sul contante, si impoverirono maggiormente.
Le monete sono ancora ampiamente circolanti, anche se il loro valore è davvero minimo. I conii attualmente presenti sono da 1, 2, 5 e (recentemente) da 10 rupie. In futuro è prevista la realizzazione di una moneta da 20 rupie.
Pertanto, se la bancanota più grande è quella da 500 (6 euro circa) allora è su questo valore che bisogna basare la valutazione, seppur sommaria, del costo della vita. Per esempio, una mancia né troppo meschina né troppo generosa non dovrebbe superare le 100 rupie. Il costo di un taxi, per un tragitto medio di 10 chilometri in città, non dovrebbe superare le 50 rupie.
I cambiavalute e le banche accettano euro e dollari e li cambiano con pezzi da 500 rupie: quindi aspettatevi di ricevere grossi mazzi di bancanote ad ogni transazione. Il cambio è generalmente più favorevole presso i negozi, le agenzie di viaggio e tutti gli esercizi che – in teoria – non dovrebbero legalmente fare questo mestiere. Tra quelli ufficiali, evitare di cambiare subito appena arrivati in aeroporto, perché il tasso di cambio è davvero sfavorevole. Basta uscire dal terminal e subito le condizioni si fanno più ragionevoli. Sui pagamenti elettronici si dovrebbe fare un discorso a parte, e lo farò certamente in un prossimo post.